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mento co͂ lo ſmeriglio, e col cuoio ſtrofinandolo, che viene di luſtro molto pulitamente lauorato, e finito. & ancorche ogni giorno ſi vadino piu aſſottiglia͂do gl’ingegni humani, e nuoue coſe inueſtigando, nondimeno anco i moderni che in diuerſi tempi hanno, per intagliar’il porfido prouato nuoui modi, diuerſe tempre, & acciai molto ben purgati, hanno come ſi diſſe diſopra, inſino a pochi anni ſono faticato in vano. E pur l’anno 1553. hauendo il ſignor’Aſcanio Colo͂na donato a Papa Giulio III. vna tazza antica di porfido belliſſima larga ſette braccia: il Pontefice, per ornarne la ſua vigna, ordinò, mancandole alcuni pezzi, che la fuſſe reſtaurata: perche mettendoſi mano all’opera, & prouandoſi molte coſe, per conſiglio di Michelagnolo Buonarroti, e d’altri eccellentiſsimi Maeſtri, dopo molta lunghezza di tempo, fu diſperata l’impreſa, maſsimamente non ſi potendo in modo neſſuno ſaluare alcuni canti viui, come il biſogno richiedeua. E Michelagnolo, pur auezzo alla durezza de’ ſaſsi, inſieme con gl’altri ſe ne tolſe giu, ne ſi fece altro. Finalmente, poiche niuna altra coſa in queſti noſtri tempi mancaua alla perfezzione delle noſtr’Arti, che il modo di lauorare perfettamente il porfido, accioche ne anco queſto ſi habbia a diſiderare, ſi è in queſto modo ritrouato. Hauendo l’anno 1555 il ſignor Duca Coſimo co͂dotto dal ſuo palazzo, e giardino de’ Pitti, vna belliſſima acqua nel cortile del ſuo principale palazzo di Firenze, per farui vna fonte di ſtraordinaria bellezza, trouati fra i ſuoi rottami alcuni pezzi di Porfido aſſai grandi, ordinò, che di quelli ſi faceſſe vna tazza col ſuo piede per la detta fonte; & per ageuolar’ al maeſtro il modo di lauorar’il porfido, fece di non ſo che herbe ſtillar’vn’acqua di tanta virtu, che ſpegnendoui dentro i ferri bolle͂ti fa loro vna tempera duriſsima. Con queſto ſegreto adunque, ſecondo’l diſegno fatto da me, conduſſe Franceſco del TADDA intagliator da Fieſole la tazza della detta fonte, che è larga due braccia, e mezzo di diametro, & inſieme il ſuo piede, in quel modo, che hoggi ella ſi vede nel detto palazzo. Il Tadda, parendogli, che il ſegreto dategli dal Duca fuſſe rariſsimo, ſi miſe a far proua d’intagliar’alcuna coſa, egli riuſci coſi bene, che in poco tempo ha fatto in tre ouati di mezzo rilieuo grandi quanto il naturale il ritratto d’eſſo S. Duca Cosimo, quello della Ducheſſa Leonora, & vna teſta di Gieſu Chriſto con tanta perfezzione, che i capegli, e le barbe, che ſono dificiliſsimi nell’intaglio, ſono condotti di maniera, che gl’antichi non ſtanno punto meglio. Di queſte opere ragionando il S. Duca con Michelagnolo, qua͂do S. Ecc. fu in Roma; no͂ voleua creder’il Buonarroto, che coſi fuſſe. perche hauendo io d’ordine del Duca mandata la teſta del Criſto a Roma, fu veduta con molta marauiglia da Michelagnolo, il quale la lodò aſſai, & ſi rallegrò molto di veder ne’ te͂pi noſtri la Scultura arrichita di queſto rariſsimo dono, cotanto in vano inſino a hoggi diſiderato. Ha finito vltimamente il Tadda la teſta di Coſimo vecchio de’ Medici in vno ouato, come i detti diſopra, & ha fatto, & fa continuamente molte altre ſomiglianti opere. Reſtami a dire del porfido, che ᵱ eſſerſi hoggi ſmarrite le caue di quello, è per cio neceſſario ſeruirſi di ſpoglie, & di frammenti antichi, e di rocchi di colonne, & altri pezzi: & che però biſogna a chi lo lauora auuertire ſe ha hauuto il fuoco: percioche quando l’ha hauuto, ſe bene non perde in tutto il color’, ne ſi disfa, manca non dimeno pure aſſai di quella viuezza, che è ſua propria, & non piglia mai coſi bene il pulimento, co-



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