Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/634

donde gli mandai, e furono messi intorno alle spalliere e sopra gl’armarii di noce fatti con mia disegni et architettura, nella sagrestia di San Giovanni Carbonaro, convento de’ frati eremitani osservanti di Santo Agostino, ai quali poco innanzi avea dipinto in una cappella fuor della chiesa in tavola un Cristo crucifisso, con ricco e vario ornamento di stucco, a richiesta del Seripando lor generale, che fu poi cardinale. Parimente a mezzo le scale di detto convento feci a fresco San Giovanni Evangelista, che sta mirando la Nostra Donna vestita di sole, con i piedi sopra la luna e coronata di dodici stelle. Nella medesima città dipinsi a Messer Tommaso Cambi, mercante fiorentino e mio amicissimo, nella sala d’una sua casa, in quattro facciate i tempi e le stagioni dell’anno: il Sogno, il Sonno sopra un terrazzo, dove fece una fontana. Al duca di Gravina dipinsi in una tavola, che egli condusse al suo Stato, i Magi che adorano Cristo, et ad Orsanca segretario del viceré feci un’altra tavola, con cinque figure intorno a un Crucifisso, e molti quadri. Ma con tutto ch’io fussi assai ben visto da que’ signori, guadagnassi assai e l’opere ogni giorno moltiplicassero, giudicai, poi che i miei uomini s’erano partiti, che fusse ben fatto, avendo in un anno lavorato in quella città opere a bastanza, ch’io me ne tornassi a Roma. E così fatto, la prima opera che io facessi fu al signor Ranuccio Farnese, allora arcivescovo di Napoli, in tela quattro portegli grandissimi a olio per l’organo del piscopio di Napoli, dentrovi dalla parte dinanzi cinque Santi patroni di quella città, e dentro la Natività di Gesù Cristo, con i pastori, e Davit re, che canta in sul suo salterio: "Dominus dixit ad me", etc. E così i sopra detti ventiquattro quadri et alcuni di Messer Tommaso Cambi, che tutti furono mandati a Napoli. E ciò fatto, dipinsi cinque quadri a Raffaello Acciaiuoli che gli portò in Ispagna, della Passione di Cristo. L’anno medesimo, avendo animo il cardinale Farnese di far dipignere la sala della Cancelleria nel palazzo di San Giorgio, monsignor Giovio, disiderando che ciò si facesse per le mie mani, mi fece fare molti disegni di varie invenzioni, che poi non furono messi in opera. Nondimeno si risolvé finalmente il cardinale ch’ella si facesse in fresco, e con maggior prestezza che fusse possibile, per servirsene a certo suo tempo determinato. È la detta sala lunga poco più di palmi cento, larga cinquanta et alta altretanto. In ciascuna testa adunque larga palmi cinquanta, si fece una storia grande, et in una delle facciate lunghe due, nell’altra per essere impedita dalle finestre, non si poté far istorie, e però vi si fece un ribattimento, simile alla facciata in testa, che è dirimpetto; e per non far basamento, come insino a quel tempo s’era usato dagl’artefici in tutte le storie, alto da terra nove palmi almeno, feci, per variare e far cosa nuova, nascere scale da terra, fatte in varii modi et a ciascuna storia la sua. E sopra quelle feci poi cominciare a salire le figure a proposito di quel suggetto, a poco a poco, tanto che trovano il piano, dove comincia la storia. Lunga e forse noiosa cosa sarebbe dire tutti i particolari e le minuzie di queste storie, però toccherò solo e brevemente le cose principali. Adunque, in tutte sono storie de’ fatti di papa Paulo Terzo, et in ciascuna è il suo ritratto di naturale. Nella prima, dove sono, per dirle così, le spedizioni della corte di Roma, si veggiono sopra il Tevere diverse nazioni e diverse ambascerie, con molti