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in pioggia d’oro e piove in grembo a Danae. Piero Catanei similmente ha di mano del medesimo in un tondo a olio una Vergine bellissima. Dipinse anche per la Fraternita di S. Lucia una bellissima bara; e parimente un’altra per quella di Santo Antonio. Né si maravigli niuno che io faccia menzione di sì fatte opere, perciò che sono veramente belle a maraviglia, come sa chiunque l’ha vedute. Finalmente, pervenuto all’età di sessantacinque anni, s’affrettò il fine della vita coll’affaticarsi tutto solo il giorno e la notte intorno a’ getti di metallo et a rinettar da sé, senza volere aiuto niuno. Morì dunque a dì 18 di maggio 1549, e da Giuliano orefice, suo amicissimo, fu fatto sepellire nel Duomo, dove avea tante e sì rare opere lavorato. E fu portato alla sepoltura da tutti gli artefici della sua città, la quale allora conobbe il grandissimo danno che riceveva nella perdita di Domenico, et oggi lo conosce più che mai, ammirando l’opere sue. Fu Domenico persona costumata e da bene, temente Dio e studioso della sua arte, ma solitario oltre modo, onde meritò da’ suoi sanesi, che sempre hanno con molta loro lode atteso a’ belli studi et alle poesie, essere con versi e volgari e latini onoratamente celebrato.

VITA DI GIOVANN’ANTONIO LAPPOLI PITTORE ARETINO


Ade volte aviene che d’un ceppo vecchio non germogli alcun rampollo buono, il quale col tempo crescendo non rinuovi e colle sue frondi rivesta quel luogo spogliato e faccia con i frutti conoscere a chi gli gusta il medesimo sapore che già si sentì del primo albero. E che ciò sia vero si dimostra nella presente vita di Giovann’Antonio, il quale, morendo Matteo suo padre, che fu l’ultimo de’ pittori del suo tempo assai lodato, rimase con buone entrate al governo della madre e così si stette infino a dodici anni; al qual termine della sua età pervenuto, Giovan Antonio, non si curando di pigliare altro esercizio che la pittura, mosso oltre all’altre cagioni dal volere seguire le vestigie e l’arte del padre, imparò sotto Domenico Pecori pittore aretino, che fu il suo primo maestro, il quale era stato insieme con Matteo suo padre discepolo di Clemente, i primi principii del disegno. Dopo, essendo stato con costui alcun tempo e desiderando far miglior frutto che non faceva sotto la disciplina di quel maestro et in quel luogo, dove non poteva anco da per sé imparare, ancor che avesse l’inclinazione della natura, fece pensiero di volere che la stanza sua fusse Fiorenza. Al quale suo proponimento, aggiuntosi che rimase solo per la morte della madre, fu assai favorevole la fortuna, perché maritata una sorella che aveva di piccola età a Lionardo Ricoveri ricco e de’ primi cittadini ch’allora fusse in Arezzo, se n’andò a Fiorenza, dove fra l’opere di molti che vidde, gli piacque più che quella di tutti gli altri che avevano in quella città