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d’andare a sacrificare. Scendendo gli scalini, si truova un altro quadro grande, che accompagna quel di sopra: nel quale Domenico fece Moisè che riceve da Dio le leggi sopra il Monte Sinai; e da basso è quando trovato il popolo, che adorava il vitello dell’oro, si adira e rompe le tavole, nelle quali era scritta essa legge. A traverso della chiesa, dirimpetto al pergamo, sotto questa storia è un fregio di figure in gran numero, il quale è composto con tanta grazia e disegno, che più non si può dire. Et in questo è Moisè, il quale percotendo la pietra nel deserto, ne fa scaturire l’acqua e dà bere al popolo assetato, dove Domenico fece, per la lunghezza di tutto il fregio disteso, l’acqua del fiume della quale in diversi modi bee il popolo con tanta e vivezza e vaghezza, che non è quasi possibile imaginarsi le più vaghe leggiadrie e belle e graziose attitudini di figure, che sono in questa storia: chi si china a bere in terra, chi s’inginocchia dinanzi al sasso che versa l’acqua, chi ne attigne con vasi e chi con tazze, et altri finalmente bee con mano. Vi sono oltre ciò, alcuni che conducono animali a bere con molta letizia di quel popolo. Ma fra l’altre cose vi è maraviglioso un putto, il quale preso un cagnolo per la testa e pel collo, lo tuffa col muso nell’acqua, perché bea; e quello poi, avendo bevuto, scrolla la testa tanto bene, per non voler più bere, che par vivo. Et insomma questa fregiatura è tanto bella, che per cosa in questo genere non può esser fatta con più artifizio, atteso che l’ombre e gli sbattimenti che hanno queste figure sono più tosto maravigliosi che belli. Et ancora che tutta quest’opera, per la stravaganza del lavoro, sia bellissima, questa parte è tenuta la migliore e più bella. Sotto la cupola è poi un partimento esagono, che è partito in sette esagoni e sei rombi. De’ quali esagoni ne finì quattro Domenico, innanzi che morisse, facendovi dentro le storie e sagrifizii d’Elia, e tutto con molto suo commodo, perché quest’opera fu lo studio et il passatempo di Domenico, né mai la dismesse del tutto per altri suoi lavori. Mentre dunque che lavorava quando in quella e quando altrove, fece in San Francesco, a man ritta entrando in chiesa, una tavola grande a olio, dentrovi Cristo che scende glorioso al limbo a trarne i Santi Padri, dove fra molti nudi è una Eva bellissima; et un ladrone, che è dietro a Cristo con la croce, è figura molto ben condotta; e la grotta del limbo et i demonii e fuochi di quel luogo sono bizzarri affatto. E perché aveva Domenico oppenione che le cose colorite a tempera si mantenessino meglio che quelle colorite a olio, dicendo che gli pareva che più fussero invecchiate le cose di Luca da Cortona, de’ Pollaiuoli e degli altri maestri che in quel tempo lavorarono a olio, che quelle di fra’ Giovanni, di fra’ Filippo, di Benozzo e degli altri, che colorirono a tempera inanzi a questi, per questo, dico, si risolvé, avendo a fare una tavola per la Compagnia di San Bernardino, in sulla piazza di San Francesco, di farla a tempera, e così la condusse eccellentemente, facendovi dentro la Nostra Donna con molti Santi. Nella predella, la quale fece similmente a tempera et è bellissima, fece San Francesco che riceve le stimmate, e Sant’Antonio da Padova, che per convertire alcuni eretici fa il miracolo dell’asino che s’inchina alla sacratissima ostia, e San Bernardino da Siena, che predica al popolo della sua città in sulla piazza de’ Signori. Fece similmente nelle facce di questa Compagnia due storie in fresco della Nostra