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senza che in alcune figure di fregi si veggiono alcune figurette nude et in altre maniere, fatte simili a camei, che per piccolissime che sieno sembrano in quel loro essere grandissimi giganti, cotanta è la virtù e strema diligenzia che in operando mette don Giulio. Del quale ho voluto dare al mondo questa notizia acciò che sappiano alcuna cosa di lui quei che non possono, né potranno delle sue opere vedere, per essere quasi tutte in mano di grandissimi signori e personaggi. Dico quasi tutte, perché so alcuni privati avere in scatolette ritratti bellissimi di mano di costui, di signori, d’amici o di donne da loro amate. Ma comunche sia, basta che l’opere di sì fatti uomini non sono publiche, né in luogo da potere essere vedute da ognuno, come le pitture, sculture e fabriche degl’altri artefici di queste nostre arti. Ora ancor che don Giulio sia vecchio e non studi, né attenda ad altro che procacciarsi con opere sante e buone e con una vita tutta lontana dalle cose del mondo la salute dell’anima sua, e sia vecchio affatto, pur va lavorando continuamente alcuna cosa, là dove stassi in molta quiete e ben governato nel palazzo de’ Farnesi, dove è cortesissimo in mostrando ben volentieri le cose sue a chiunche va a visitarlo e vederlo, come si fanno l’altre maraviglie di Roma.

IL FINE DELLA VITA DI DON GIULIO CLOVIO MINIATORE


Ive anco in Roma, e certo è molto eccellente nella sua professione, Girolamo Siciolante da Sermoneta, del quale se bene si è detto alcuna cosa nella vita di Perino del Vaga, di cui fu discepolo e l’aiutò nell’opere di Castel Sant’Agnolo e molte altre, non sia però se non bene dirne anco qui quanto la sua molta virtù merita veramente. Fra le prime opere adunque che costui fece da sé fu una tavola alta dodici palmi, che egli fece a olio di venti anni, la quale è oggi nella badia di Santo Stefano, vicino alla terra di Sermoneta sua patria, nella quale sono quanto il vivo San Pietro, Santo Stefano e San Giovanni Batista, con certi putti. Dopo la quale tavola, che molto fu lodata, fece nella chiesa di Santo Apostolo di Roma, in una tavola a olio, Cristo morto, la Nostra Donna, San Giovanni e la Madalena con altre figure condotte con diligenza. Nella Pace condusse poi alla cappella di marmo, che fece fare il cardinale Cesis, tutta la volta lavorata di stucchi, in un partimento di quattro quadri, facendovi il Nascere di Gesù Cristo, l’adorazione de’ Magi, il fuggire in Egitto e l’uccisione de’ fanciulli innocenti, che tutto fu opera molto laudabile e fatta con invenzione, giudizio e diligenza. Nella medesima chiesa fece, non molto dopo, il medesimo Girolamo in una tavola alta quindici palmi, appresso all’altare maggiore, la Natività di Gesù Cristo, che fu bellissima. E dopo per la sagrestia della chiesa di Santo Spirito di Roma, in un’altra tavola a olio, la venuta dello Spirito Santo sopra gl’Apostoli, che è molto graziosa opera. Similmente nella chiesa Santa Maria de Anima, chiesa della nazione tedesca, dipinse a fresco tutta la cappella de’ Fuccheri, dove Giulio Romano già fece la tavola con istorie grandi della vita di Nostra Donna.