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VITA DI DON GIULIO CLOVIO MINIATORE


On è mai stato, né sarà per aventura in molti secoli, né il più raro, né il più eccellente miniatore, o vogliamo dire dipintore di cose piccole, di don Giulio Clovio, poiché ha di gran lunga superato quanti altri mai si sono in questa maniera di pitture esercitati. Nacque costui nella provincia di Schiavonia, o vero Crovazia, in una villa detta Grisone, nella diocesi di Madrucci, ancor che i suoi maggiori, della famiglia de’ Clovi, fussero venuti di Macedonia, et il nome suo al battesimo fu Giorgio Iulio. Attese da fanciullo alle lettere, e poi, per istinto naturale, al disegno. E pervenuto all’età di diciotto anni, disideroso d’acquistare, se ne venne in Italia e si mise a’ servigii di Marino cardinal Grimani, appresso al quale attese lo spazio di tre anni a disegnare di maniera, che fece molto migliore riuscita che per aventura non era insino a quel tempo stata aspettata di lui, come si vide in alcuni disegni di medaglie e rovesci, che fece per quel signore, disegnati di penna minutissimamente e con estrema e quasi incredibile diligenza. Onde veduto che più era aiutato dalla natura nelle piccole cose che nelle grandi, si risolvé, e saviamente, di volere attendere a miniare, poiché erano le sue opere di questa sorte graziosissime e belle a maraviglia, consigliato anco a ciò da molti amici, et in particolare da Giulio Romano, pittore di chiara fama, il quale fu quegli che primo d’ogni altro gl’insegnò il modo di adoperare le tinte et i colori a gomma et a tempera. E le prime cose che il Clovio colorisse, fu una Nostra Donna, la quale ritrasse come ingegnoso e di bello spirito dal libro della vita di essa Vergine, la quale opera fu intagliata in istampa di legno nelle prime carte d’Alberto Duro. Per che essendosi portato bene in questa prima opera, si condusse per mezzo del signor Alberto da Carpi, il quale allora serviva in Ungheria, al servizio del re Lodovico e della reina Maria, sorella di Carlo Quinto. Al quale Re condusse un giudizio di Paris di chiaro scuro che piacque molto, et alla Reina una Lucrezia romana che s’uccideva, con alcune altre cose, che furono tenute bellissime. Seguendo poi la morte di quel Re e la rovina delle cose d’Ungheria, fu forzato Giorgio Iulio tornarsene in Italia. Dove non fu a pena arrivato che il cardinale Campeggio vecchio lo prese al suo servizio, onde, accomodatosi a modo suo, fece una Madonna di minio a quel signore et alcun’altre cosette, e si dispose voler attendere per ogni modo con maggiore studio alle cose dell’arte. E così si mise a disegnare et a cercare d’imitare con ogni sforzo l’opere di Michelagnolo. Ma fu interrotto quel suo buon proposito dall’infelice Sacco di Roma l’anno 1527, perché trovandosi il povero uomo prigione degli Spagnuoli e mal condotto, in tanta miseria ricorse all’aiuto divino, facendo voto, se usciva salvo di quella rovina miserabile e di mano a que’ nuovi farisei, di subito farsi frate. Onde essendosi salvato per grazia di Dio, e condottosi a Mantova, si fece religioso nel monasterio di San Ruffino dell’Ordine de’ canonici regolari Scopetini, essendogli stato promesso, oltre