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in quella stagione, o pure il troppo studiare e patir disagi, non fu finito il Bacco, che egli impazzò in sulla maniera del fare l’attitudini, e lo mostrò, perché un giorno che pioveva dirottamente, chiamando il Sansovino Pippo et egli non rispondendo, lo vidde poi salito sopra il tetto in cima d’un camino, ignudo, che faceva l’attitudine del suo Bacco; altre volte pigliando lenzuola o altri panni grandi, e’ quali bagnati se gli recava adosso all’ignudo come fusse un modello di terra o cenci et acconciava le pieghe, poi salendo in certi luoghi strani et arrecandosi in attitudini or d’una or d’altra maniera, di profeta, d’apostolo, di soldato o d’altro, si faceva ritrarre, stando così lo spazio di due ore senza favellare e non altrimenti che se fusse stato una statua immobile. Molte altre simili piacevoli pazzie fece il povero Pippo, ma sopra tutto mai non si poté dimenticare il Bacco che avea fatto il Sansovino, se non quando in pochi anni si morì. Ma tornando alla statua, condotta che fu a fine fu tenuta la più bella opera che fusse mai fatta da maestro moderno, atteso che ’l Sansovino mostrò in essa una difficultà, non più usata, nel fare spiccato intorno intorno un braccio in aria che tiene una tazza del medesimo marmo traforata tra le dita, tanto sottilmente che se ne tien molto poco, oltre che per ogni verso è tanto ben disposta et accordata quella attitudine e tanto ben proporzionate e belle le gambe e le braccia attaccate a quel torso, che pare nel vederlo e toccarlo molto più simile alla carne. In tanto che quel nome che gl’ha, da chi lo vede se gli conviene, et ancor molto più. Quest’opera dico, finita che fu, mentre che visse Giovanni fu visitata in quel cortile di Gualfonda da tutti i terrazzani e forestieri, e molto lodata. Ma poi essendo Giovanni morto, Gherardo Bartolini suo fratello la donò al duca Cosimo, il quale come cosa rara la tiene nelle sue stanze con altre bellissime statue che ha di marmo. Fece al detto Giovanni un Crocifisso di legno molto bello, che è in casa loro, e molte cose antiche e di man di Michelagnolo. Avendosi poi l’anno 1514 a fare un ricchissimo apparato in Fiorenza per la venuta di papa Leone X, fu dato ordine dalla Signoria e da Giuliano de’ Medici che si facessero molti archi trionfali di legno in diversi luoghi della città. Onde il Sansovino non solo fece i disegni di molti, ma tolse in compagnia di Andrea del Sarto a fare egli stesso la facciata di Santa Maria del Fiore, tutta di legno, con statue e con istorie et ordine d’architettura, nel modo a punto che sarebbe ben fatto ch’ella stesse, per torne via quello che vi è di componimento et ordine tedesco; per che messovi mano (per non dire ora alcuna cosa della coperta di tela, che per San Giovanni et altre feste solennissime soleva coprire la piazza di Santa Maria del Fiore e di esso San Giovanni, essendosi di ciò in altro luogo favellato a bastanza), dico che sotto queste tende aveva ordinato il Sansovino la detta facciata di lavoro corinto, e che fattala a guisa d’arco trionfale, aveva messo sopra un grandissimo imbasamento da ogni banda le colonne doppie con certi nicchioni fra loro pieni di figure tutte tonde, che figuravano gl’Apostoli, e sopra erano alcune storie grandi di mezzo rilievo, finte di bronzo, di cose del Vecchio Testamento, alcune delle quali ancora si veggiono lungarno in casa de’ Lanfredini. Sopra seguitavano gl’architravi, fregi e cornicioni, che risaltavano, et appresso varii e bellissimi frontespizii.