Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/437

fra i moderni giovani scultori, si parlerà in un altro luogo più lungamente. Sopra l’altro piedestallo, il quale essendo a man ritta verso l’altare maggiore guardava verso la sagrestia nuova, era una donna, fatta per la Pietà cristiana, la quale essendo d’ogni bontà e religione ripiena, non è altro che un aggregato di tutte quelle virtù che i nostri hanno chiamate teologiche e di quelle che furono dai gentili dette morali; onde meritamente, celebrandosi da’ cristiani la virtù d’un cristiano ornata di santissimi costumi, fu dato conveniente et onorevole luogo a questa, che risguarda la legge di Dio e la salute dell’anime, essendo che tutti gl’altri ornamenti del corpo e dell’animo, dove questa manchi, sono da essere poco, anzi nulla stimati. Questa figura, la quale avea sotto sé prostrato e da sé calpestato il Vizio o vero l’Impietà, era di mano di Valerio Cioli, il quale è valente giovane di bellissimo spirito, e merita lode di molto giudizioso e diligente scultore. Dirimpetto a questa, dalla banda della sagrestia vecchia, era un’altra simile figura stata fatta giudiziosamente per la dea Minerva o vero l’Arte, perciò che si può dire con verità che dopo la bontà de’ costumi e della vita, la quale dee tener sempre appresso i migliori il primo luogo, l’Arte poi sia stata quella che ha dato a quest’uomo non solo onore e facultà, ma anco tanta gloria che si può dire lui aver in vita goduto que’ frutti che a pena dopo morte sogliono dalla fama trarne, mediante l’egregie opere loro, gl’uomini illustri e valorosi; e, quello che è più, aver intanto superata l’invidia, che senza alcuna contradizione, per consenso comune, ha il grado e nome della principale e maggiore eccellenza ottenuto; e per questa cagione aveva sotto i piedi questa figura, l’Invidia, la quale era una vecchia secca e distrutta, con occhi viperini et insomma con viso e fattezze che tutte spiravano tossico e veleno; et oltre ciò, era cinta di serpi et aveva una vipera in mano. Queste due statue erano di mano d’un giovinetto di pochissima età, chiamato Lazzaro Calamech da Carrara, il quale ancor fanciullo ha dato infino a oggi in alcune cose di pittura e scultura gran saggio di bello e vivacissimo ingegno. Di mano d’Andrea Calamech, zio del sopra detto et allievo dell’Amannato, erano le due statue poste sopra il quarto piedestallo, che era dirimpetto all’organo e risguardava verso le porte principali della chiesa. La prima delle quali era figurata per lo Studio, perciò che quegli che poco e lentamente s’adoprano non possono venir in pregio già mai, come venne Michelagnolo; conciò sia che dalla sua prima fanciullezza di quindici insino a novanta anni non restò mai, come di sopra si è veduto, di lavorare. Questa statua dello Studio, che ben si convenne a tant’uomo, il quale era un giovane fiero e gagliardo, il quale alla fine del braccio poco sopra la giuntura della mano aveva due aliette, significanti la velocità e spessezza dell’operare, si aveva sotto come prigione cacciata la Pigrizia o vero Ociosità, la quale era una donna lenta e stanca et in tutti i suoi atti grave e dormigliosa. Queste quattro figure disposte nella maniera che s’è detto, facevano un molto vago e magnifico componimento, e parevano tutte di marmo, perché sopra la terra fu dato un bianco che tornò bellissimo. In su questo piano, dove le dette figure posavano, nasceva un altro imbasamento pur quadro et alto braccia quattro in circa, ma di larghezza e lunghezza tanto minore di quel di sotto quanto era l’aggetto e scorniciamento dove posavano