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alcuni maestri che gl’insegnassero. Nella seconda storia, che veniva a essere, continuando il medesimo ordine, volta verso la porta del fianco che va fuori, era figurato papa Clemente, che contra l’openione del volgo, il quale pensava che Sua Santità avesse sdegno con Michelagnolo per conto delle cose dell’assedio di Firenze, non solo lo assicura e se gli mostra amorevole, ma lo mette in opera alla sagrestia nuova et alla libreria di San Lorenzo, ne’ quali luoghi quanto divinamente operasse si è già detto. In questo quadro adunque era di mano di Federigo fiamingo, detto del Padoano, dipinto con molta destrezza e dolcissima maniera Michelagnolo che mostra al Papa la pianta della detta sagrestia, e dietro lui parte da alcuni Angioletti, e parte da altre figure, erano portati i modelli della libreria, della sagrestia e delle statue che vi sono oggi finite. Il che tutto era molto bene accomodato e lavorato con diligenza. Nel terzo quadro che posando come gl’altri detti sul primo piano, guardava l’altare maggiore, era un grande epitaffio latino composto dal dottissimo Messer Pier Vettori, il sentimento del quale era tale in lingua fiorentina: "L’Accademia de’ pittori, scultori et architettori, col favore et aiuto del duca Cosimo de’ Medici, loro capo e sommo protettore di queste arti, ammirando l’eccellente virtù di Michelagnolo Buonarruoti e riconoscendo in parte il beneficio ricevuto dalle divine opere sue, ha dedicato questa memoria, uscita dalle proprie mani e da tutta l’affezzione del cuore, all’eccellenza e virtù del maggior pittore, scultore et architettore che sia mai stato". Le parole latine furono queste: "Collegium pictorum, statuariorum, architectorum, auspicio opeque sibi prompta Cosmi ducis, autoris suorum commodorum, suspiciens singularem virtutem Michaëlis Angeli Bonarrotae intelligensque quanto sibi auxilio semper fuerint praeclara ipsius opera, studuit se gratum erga illum ostendere sommum omnium qui unquam fuerint p. s. a. ideoque monumentum hoc suis manibus extructum magno animi ardore ipsius memoriae dedicavit". Era questo epitaffio retto da due Angioletti, i quali con volto piangente e spegnendo ciascuno una face, quasi si lamentavano essere spenta tanta e così rara virtù. Nel quadro poi che veniva a essere volto verso la porta che va nel chiostro era quando per l’assedio di Firenze Michelagnolo fece la fortificazione del poggio a San Miniato, che fu tenuta inespugnabile e cosa maravigliosa: e questo fu di mano di Lorenzo Sciorini, allievo del Bronzino, giovane di bonissima speranza. Questa parte più bassa, e come dire la base di tutta la machina, aveva in ciascun canto un piedestallo che risaltava, e sopra ciascun piedestallo era una statua grande più che il naturale, che sotto n’aveva un’altra come soggetta e vinta, di simile grandezza, ma raccolta in diverse attitudini e stravaganti. La prima a man ritta, andando verso l’altare maggiore, era un giovane svelto, e nel sembiante tutto spirito e di bellissima vivacità figurato per l’Ingegno, con due aliette sopra le tempie, nella guisa che si dipigne alcuna volta Mercurio. E sotto a questo giovane fatto con incredibile diligenza, era con orecchi asinini una bellissima figura fatta per l’Ignoranza, mortal nimica dell’Ingegno. Le quali ambedue statue furono di mano di Vincenzio Danti perugino, del quale e dell’opere sue, che sono rare