Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/435

dal sapere della prontezza delle nostre mani e de’ nostri artefici, onorando l’arte con l’arte. Perciò che, se bene dall’eccellenza del signor Duca possiamo sperare ogni quantità di danari che fusse di bisogno, avendone già avuta quella quantità che abbiamo domandata, noi nondimeno avemo a tenere per fermo che da noi si aspetta più presto cosa ingegnosa e vaga per invenzione e per arte, che ricca per molta spesa o grandezza di superbo apparato." Ma ciò nonostante, si vide finalmente che la magnificenza fu uguale all’opere che uscirono delle mani dei detti accademici, e che quella onoranza fu non meno veramente magnifica, che ingegnosa, e piena di capricciose e lodevoli invenzioni. Fu dunque in ultimo dato questo ordine, che nella navata di mezzo di San Lorenzo, dirimpetto alle due porte de’ fianchi, delle quali una va fuori e l’altra nel chiostro, fusse ritto, come si fece, il catafalco di forma quadro, alto braccia ventotto, con una Fama in cima, lungo undici e largo nove. In sul basamento dunque di esso catafalco, alto da terra braccia due, erano nella parte che guarda verso la porta principale della chiesa posti due bellissimi fiumi a giacere, figurati l’uno per Arno e l’altro per lo Tevere. Arno aveva un corno di dovizia pieno di fiori e frutti, significando perciò i frutti che dalla città di Firenze sono nati in queste professioni, i quali sono stati tanti e così fatti, che hanno ripieno il mondo, e particolarmente Roma, di straordinaria bellezza. Il che dimostrava ottimamente l’altro fiume, figurato come si è detto per lo Tevere; perciò che stendendo un braccio, si aveva piene le mani de’ fiori e frutti avuti dal corno di dovizia dell’Arno, che gli giaceva a canto e dirimpetto. Veniva a dimostrare ancora, godendo de’ frutti d’Arno, che Michelagnolo è vivuto gran parte degl’anni suoi a Roma, e vi ha fatto quelle maraviglie che fanno stupire il mondo. Arno aveva per segno il leone et il Tevere la lupa con i piccioli Romulo e Remo, et erano ambidue colossi di straordinaria grandezza e bellezza, e simili al marmo. L’uno, cioè il Tevere, fu di mano di Giovanni di Benedetto da Castello, allievo del Bandinello, e l’altro di Battista di Benedetto, allievo dell’Ammannato, ambi giovani eccellenti e di somma aspettazione. Da questo piano si alzava una faccia di cinque braccia e mezzo con le sue cornici di sotto, e sopra, et in su’ canti, lasciando nel mezzo lo spazio di quattro quadri. Nel primo de’ quali, che veniva a essere nella faccia dove erano i due fiumi, era dipinto di chiaro scuro, sì come erano anche tutte l’altre pitture di questo apparato, il magnifico Lorenzo vecchio de’ Medici, che riceveva nel suo giardino, del quale si è in altro luogo favellato, Michelagnolo fanciullo, avendo veduti certi saggi di lui che accennavano, in que’ primi fiori, i frutti che poi largamente sono usciti della vivacità e grandezza del suo ingegno. Cotale istoria dunque si conteneva nel detto quadro, il quale fu dipinto da Mirabello e da Girolamo del Crucifissaio, così chiamati, i quali come amicissimi e compagni presono a fare quell’opera insieme, nella quale con vivezza e pronte attitudini si vedeva il detto magnifico Lorenzo, ritratto di naturale, ricevere graziosamente Michelagnolo fanciulletto e tutto reverente nel suo giardino, et essaminatolo, consegnarlo ad