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hanno unitamente diliberato di dovere celebrare le sue essequie in quel modo che saperanno e potranno il migliore. Londe, sappiendo essi che Sua Eccellenzia illustrissima era tanto osservata da Michelagnolo, quanto ella amava lui, la suplicano che le piaccia per l’infinita bontà e liberalità sua concedere loro: prima, che essi possano celebrare dette essequie nella chiesa di San Lorenzo, edificata da’ suoi maggiori, e nella quale sono tante e sì bell’opere da lui fatte, così nell’architettura, come nella scultura, e vicino alla quale ha in animo di volere che s’edifichi la stanza che sia quasi un nido et un continuo studio dell’architettura, scultura e pittura a detta Accademia e Compagnia del Disegno; secondamente la pregano che voglia far commettere a Messer Benedetto Varchi che non solo voglia fare l’orazione funerale, ma ancora recitarla di propria bocca, come ha promesso di voler fare liberissimamente, pregato da noi, ogni volta che Vostra Eccellenzia illustrissima se ne contenti. Nel terzo luogo supplicano e pregano quella, che le piaccia, per la medesima bontà e liberalità sua, sovenirgli di tutto quello che in celebrare dette essequie, oltra la loro possibilità, la quale è piccolissima, facesse loro di bisogno. E tutte queste cose e ciascuna d’esse si sono trattate e diliberate alla presenza e con consentimento del molto magnifico e reverendo monsignore Messer Vincenzio Borghini, priore degl’Innocenti, luogotenente di Sua Eccellenzia illustrissima di detta Accademia e Compagnia del Disegno. La quale, etc.

Alla quale lettera dell’Accademia fece il Duca questa risposta:

Carissimi nostri, siamo molto contenti di sodisfare pienamente alle vostre petizioni, tanta è stata sempre l’affezione che noi portiamo alla rara virtù di Michelagnolo Buonarruoti e portiamo ora a tutta la professione vostra; però non lasciate di essequire quanto voi avete in proponimento di fare per l’essequie di lui, ché noi non mancheremo di sovenire a’ bisogni vostri; et intanto si è scritto a Messer Benedetto Varchi per l’orazione et allo spedalingo quello di più che ci soviene in questo proposito, e state sani. Di Pisa.

La lettera al Varchi fu questa:

Messer Benedetto nostro carissimo. L’affezione che noi portiamo alla rara virtù di Michelagnolo Buonarruoti, ci fa desiderare che la memoria di lui sia onorata e celebrata in tutti modi; però ci sarà cosa grata che per amore nostro vi pigliate cura di fare l’orazione, che si arà da ricitare nell’essequie di lui, secondo l’ordine preso dalli deputati dell’Accademia, e gratissima se sarà recitata per l’organo vostro. E state sano.

Scrisse anco Messer Bernardino Grazini ai detti deputati che nel Duca non si sarebbe potuto disiderare più ardente disiderio intorno a ciò di quello che avea mostrato, e che si promettessino ogni aiuto e favore da sua eccellenzia illustrissima. Mentre che queste cose si trattavano a Firenze, Lionardo Buonarruoti nipote di Michelagnolo, il quale intesa la malatia del zio si era per le poste trasferito a Roma, ma non l’aveva trovato vivo, avendo inteso da Daniello da Volterra, stato molto familiare amico di Michelagnolo, e da altri ancora che erano stati intorno a quel santo vecchio, che egli aveva chiesto e pregato che il suo corpo fusse portato a Fiorenza, sua nobilissima patria, della quale fu sempre tenerissimo amatore, aveva con prestezza, e perciò buona resoluzione, cautamente cavato il corpo di Roma, e come fusse alcuna mercanzia inviatolo verso Firenze in una balla. Ma non è qui da tacere