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altri disegni e schizzi e cartoni di mano di Michelagnolo, insieme con la statua della Vittoria che ha sotto un prigione, di braccia cinque alta; ma quattro prigioni bozzati, che possano insegnare a cavare de’ marmi le figure con un modo sicuro da non istorpiare i sassi, che il modo è questo: che se e’ si pigliassi una figura di cera o d’altra materia dura, e si mettessi a diacere in una conca d’acqua, la quale acqua essendo per sua natura nella sua sommità piana e pari, alzando la detta figura a poco a poco del pari, così vengono a scoprirsi prima le parti più rilevate et a nascondersi i fondi, cioè le parti più basse della figura, tanto che nel fine ella così viene scoperta tutta. Nel medesimo modo si debbono cavare con lo scarpello le figure de’ marmi, prima scoprendo le parti più rilevate, e di mano in mano le più basse, il quale modo si vede osservato da Michelagnolo ne’ sopra detti prigioni, i quali sua eccellenzia vuole che servino per esemplo de’ suoi accademici. Amò gli artefici suoi e praticò con essi, come con Iacopo Sansovino, il Rosso, il Puntormo, Daniello da Volterra e Giorgio Vasari aretino, al quale usò infinite amorevolezze e fu cagione che egli attendessi alla architettura con intenzione di servirsene un giorno, e conferiva seco volentieri e discorreva delle cose dell’arte. E questi che dicano che non voleva insegnare, hanno il torto, perché l’usò sempre a’ suoi famigliari et a chi dimandava consiglio, e perché mi sono trovato a molti presente, per modestia lo taccio non volendo scoprire i difetti d’altri. Si può ben far giudizio di questo che con coloro che stettono con seco in casa ebbe mala fortuna, perché percosse in subietti poco atti a imitarlo; ché Piero Urbano pistolese suo creato era persona d’ingegno, ma non volse mai affaticarsi; Antonio Mini arebbe voluto, ma non ebbe il cervello atto, e quando la cera è dura non s’imprime bene; Ascanio dalla Ripa Transone durava gran fatiche, ma mai se ne vedde il frutto né in opere, né in disegni, e pestò parecchi anni intorno a una tavola che Michelagnolo gli aveva dato un cartone, nel fine se n’è ito in fummo quella buona aspettazione che si credeva di lui, che mi ricordo che Michelagnolo gli veniva compassione sì dello stento suo e l’aiutava di suo mano, ma giovò poco. E s’egli avessi avuto un subietto, che me lo disse parecchi volte, arebbe speso così vecchio fatto notomia et arebbe scrittovi sopra per giovamento de’ suoi artefici, che fu ingannato da parecchi; ma si difidava, per non potere esprimere con gli scritti quel ch’egli arebbe voluto, per non essere egli esercitato nel dire, quantunque egli in prosa nelle lettere sue abbia con poche parole spiegato bene il suo concetto, essendosi egli molto dilettato delle lezzioni de’ poeti volgari, e particolarmente di Dante che molto lo amirava et imitava ne’ concetti e nelle invenzioni, così ’l Petrarca, dilettatosi di far madrigali, sonetti molto gravi sopra e’ quali s’è fatto comenti, e Messer Benedetto Varchi nella Accademia fiorentina fece una lezione onorata sopra quel sonetto che comincia:

Non ha l’ottimo artista alcun concetto, ch’un marmo solo in sé non circonscriva.

Ma infiniti ne mandò di suo e ricevé risposta di rime e di prose della illustrissima marchesana di Pescara, delle virtù della quale Michelagnolo era innamorato et ella parimente di quelle di lui, e molte volte andò ella a Roma da Viterbo a visitarlo, e le disegnò Michelagnolo una Pietà in grembo alla Nostra Donna con dua Angioletti mirabilissima, et un Cristo confitto in