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molto piaceva a Michelagnolo. Aveva discorso insieme la nazione fiorentina più volte di dar qualche buon principio alla chiesa di San Giovanni di strada Giulia; dove ragunatosi tutti i capi delle case più ricche promettendo, ciascuna per rata secondo le facultà, sovvenire detta fabbrica, tanto che feciono da riscuotere buona somma di danari, e disputossi fra loro se gli era bene seguitare l’ordine vecchio o far qualche cosa di nuovo migliore, fu risoluto che si dessi ordine sopra i fondamenti vecchi a qualche cosa di nuovo, e finalmente creorono tre sopra questa cura di questa fabbrica che fu Francesco Bandini, Umberto Ubaldini e Tommaso de’ Bardi, e’ quali richiesano Michelagnolo di disegno raccomandandosegli, sì perché era vergogna della nazione avere gettato via tanti danari, né aver mai profittato niente, che se la virtù sua non gli giovava a finirla, non avevono ricorso alcuno. Promesse loro con tanta amorevolezza di farlo, quanto cosa ’e facessi mai prima, perché volentieri in questa sua vecchiezza si adoperava alle cose sacre che tornassino in onore di Dio, poi per l’amor della sua nazione, qual sempre amò. Aveva seco Michelagnolo a questo parlamento Tiberio Calcagni scultore fiorentino, giovane molto volenteroso di imparare l’arte, il quale essendo andato a Roma s’era volto alle cose d’architettura. Amandolo Michelagnolo, gli aveva dato a finire, come s’è detto, la Pietà di marmo ch’e’ roppe, et inoltre una testa di Bruto di marmo col petto maggiore assai del naturale, perché la finisse quale era condotta la testa sola con certe minutissime gradine. Questa l’aveva cavata da un ritratto di esso Bruto intagliato in una corgnola antica, che era apresso al signor Giuliano Ceserino, antichissima, che a’ preghi di Messer Donato Gianotti suo amicissimo la faceva Michelagnolo per il cardinale Ridolfi, che è cosa rara. Michelagnolo dunque, per le cose d’architettura, non possendo disegnare più per la vecchiaia, né tirar linee nette, si andava servendo di Tiberio, perché era molto gentile e discreto: perciò desiderando servirsi di quello in tale impresa, gl’impose che e’ levassi la pianta del sito della detta chiesa; la quale levata e portata subito a Michelagnolo, in questo tempo che non si pensava che facessi niente, fece intendere per Tiberio che gli aveva serviti, e finalmente mostrò loro cinque piante di tempii bellissimi, che viste da loro si maravigliorono, e disse loro che scegliessino una a modo loro: e quali non volendo farlo, riportandosene al suo giudizio, volse che si risolvessino pure a modo loro: onde tutti d’uno stesso volere ne presono una più ricca, alla quale risolutosi disse loro Michelagnolo che se conducevano a fine quel disegno, che né romani, né greci mai ne’ tempi loro feciono una cosa tale: parole che né prima né poi usciron mai di bocca a Michelagnolo, perché era modestissimo. Finalmente conclusero che l’ordinazione fussi tutta di Michelagnolo, e le fatiche dello esseguire detta opera fussi di Tiberio, che di tutto si contentorono, promettendo loro che egli gli servirebbe benissimo; e così dato la pianta a Tiberio che la riducessi netta e disegnata giusta, gli ordinò i profili di fuori e di drento, e che ne facessi un modello di terra, insegnandogli il modo da condurlo che stessi in piedi. In dieci giorni condusse Tiberio il modello di otto palmi, del quale piaciuto assai a tutta la nazione, ne feciono poi fare un modello di legno, che è oggi nel consolato di detta nazione: cosa tanto rara,