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Paulo Quarto Pirro Ligorio architetto, e sopra alla fabbrica di San Piero, e di nuovo travagliava Michelagnolo, et andavano dicendo che egli era rimbambito. Onde sdegnato da queste cose volentieri se ne sarebbe tornato a Fiorenza, e soprastato a tornarsene, fu di nuovo da Giorgio sollecitato con lettere; ma egli conosceva d’esser tanto invecchiato e condotto già alla età di ottantun anno, scrivendo al Vasari in quel tempo per suo ordinario, e mandandogli varii sonetti spirituali, gli diceva che era al fine della vita, che guardassi dove egli teneva i suoi pensieri, leggendo vedrebbe che era alle ventiquattro ore, e non nasceva pensiero in lui che non vi fussi scolpita la morte, dicendo in una sua:

Dio il voglia Vasari che io la tenga a disagio qualche anno, e so che mi direte bene che io sia vecchio e pazzo a voler fare sonetti; ma perché molti dicono che io sono rimbambito, ho voluto fare l’uffizio mio. Per la vostra veggo l’amore che mi portate, e sappiate per cosa certa che io arei caro di riporre queste mie debili ossa a canto a quelle di mio padre, come mi pregate: ma partendo di qua sarei causa d’una gran rovina della fabbrica di San Piero, d’una gran vergogna e d’un grandissimo peccato. Ma come sia stabilita che non possa essere mutata, spero far quanto mi scrivete, se già non è peccato a tenere a disagio parecchi ghiotti che aspettano mi parta presto.

Era con questa lettera scritto pur di suo mano il presente sonetto:

Giunto è già ’l corso della vita mia con tempestoso mar per fragil barca al comun porto, ov’a render si varca conto e ragion d’ogni opra trista e pia. Onde l’affettuosa fantasia, che l’arte mi fece idolo e monarca, cognosco or ben, quant’era d’error carca, e quel ch’a mal suo grado ognun desia. Gli amorosi pensier già vani e lieti che fien or, s’a due morti mi avicino? D’una son certo, e l’altra mi minaccia. Né pinger né scolpir fia più che queti l’anima volta a quello amor divino, ch’aperse a prender noi in croce le braccia.

Per il che si vedeva che andava ritirando verso Dio e lasciando le cure dell’arte per le persecuzioni de’ suoi maligni artefici e per colpa di alcuni soprastanti della fabbrica, che arebbono voluto, come e’ diceva, menar le mani. Fu risposto per ordine del duca Cosimo a Michelagnolo dal Vasari con poche parole in una lettera confortandolo al rimpatriarsi, e col sonetto medesimo corrispondente alle rime. Sarebbe volentieri partitosi di Roma Michelagnolo, ma era tanto stracco et invecchiato, che aveva, come si dirà più basso, stabilito tornarsene; ma la volontà era pronta, inferma la carne, che lo riteneva in Roma. Et avvenne di giugno l’anno 1557, avendo egli fatto modello della volta che copriva la nicchia che si faceva di trevertino