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rispose: "Dite al Papa che questa è piccola faccenda, e che facilmente si può acconciare; che acconci egli il mondo, che le pitture si acconciano presto". Fu tolto a Michelagnolo l’ufizio della cancelleria di Rimini; non volse mai parlare al Papa, che non sapeva la cosa, il quale dal suo coppiere gli fu levato col volergli fare dare per conto della fabbrica di San Piero scudi cento il mese, che fattogli portare una mesata a casa, Michelagnolo non gli accettò. L’anno medesimo gli nacque la morte di Urbino suo servidore, anzi come si può chiamare e come aveva fatto, suo compagno: questo venne a stare con Michelagnolo a Fiorenza l’anno 1530, finito l’assedio, quando Antonio Mini suo discepolo andò in Francia, et usò grandissima servitù a Michelagnolo, tanto che in ventisei anni quella servitù e dimestichezza fece che Michelagnolo lo fé ricco e l’amò tanto, che così vecchio in questa sua malattia lo servì e dormiva la notte vestito a guardarlo. Per il che dopo che fu morto, il Vasari per confortarlo gli scrisse et egli rispose con queste parole:

Messer Giorgio mio caro, io posso male scrivere, pur per risposta della vostra lettera dirò qualche cosa. Voi sapete come Urbino è morto: di che m’è stato grandissima grazia di Dio, ma con grave mio danno et infinito dolore. La grazia è stata che dove in vita mi teneva vivo, morendo m’ha insegnato morire non con dispiacere, ma con desiderio della morte. Io l’ho tenuto ventisei anni e hollo trovato rarissimo e fedele, et ora che lo avevo fatto ricco e che io l’aspettavo bastone e riposo della mia vecchiezza, m’è sparito, né m’è rimasto altra speranza che di rivederlo in Paradiso. E di questo n’ha mostro segno Iddio per la felicissima morte che ha fatto, che più assai che ’l morire gli è incresciuto lasciarmi in questo mondo traditore con tanti affanni; benché la maggior parte di me n’è ita seco, né mi rimane altro che una infinita miseria; e mi vi raccomando.

Fu adoperato al tempo di Paulo Quarto nelle fortificazioni di Roma in più luoghi, e da Salustio Peruzzi, a chi quel Papa, come s’è detto altrove, aveva dato a fare il portone di Castello Santo Agnolo, oggi la metà rovinato; si adoperò ancora a dispensare le statue di quella opera e vedere i modelli degli scultori e correggerli. Et in quel tempo venne vicino a Roma lo esercito franzese, dove pensò Michelagnolo con quella città avere a capitare male; dove Antonio Franzese da Castel Durante, che gli aveva lassato Urbino in casa per servirlo nella sua morte, si risolvé fuggirsi di Roma, e segretamente andò Michelagnolo nelle montagne di Spuleto; dove egli visitando certi luoghi di romitori, nel qual tempo scrivendoli il Vasari e mandandogli una operetta, che Carlo Lenzoni cittadino fiorentino alla morte sua aveva lasciata a Messer Cosimo Bartoli, che dovessi farla stampare e dirizzare a Michelagnolo, finita che ella fu in que’ dì la mandò il Vasari a Michelagnolo, che ricevuta, rispose così:

Messer Giorgio amico caro. Io ho ricevuto il libretto di Messer Cosimo che voi mi mandate, et in questa sarà una di ringraziamento; pregovi che gliene diate, et a quella mi raccomando. Io ho avuto a questi dì con gran disagio e spesa e gran piacere nelle montagne di Spuleti a visitare que’ romiti, in