Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/403

San Piero, et ancora che gli fussi detto molto male dai fautori della setta sangallesca per conto della fabbrica di San Piero, per allora non ne volse udire niente quel Papa avendogli (come era vero) mostro il Vasari ch’egli aveva dato la vita a quella fabrica, et operò con Sua Santità che quella non facessi cosa nessuna attenente al disegno senza il giudizio suo, che l’osservò sempre: perché né alla vigna Iulia fece cosa alcuna senza il suo consiglio, né in Belvedere, dove si rifece la scala che v’è ora in cambio della mezza tonda che veniva innanzi, saliva otto scaglioni et altri otto in giro entrava in dentro, fatta già da Bramante, che era posta nella maggior nicchia in mezzo Belvedere. Michelagnolo vi disegnò e fé fare quella quadra coi balaustri di preperigno che vi è ora, molto bella. Aveva il Vasari quell’anno finito di stampare l’opera delle vite de’ pittori, scultori et architettori in Fiorenza, e di niuno de’ vivi aveva fatto la vita, ancor che ci fussi de’ vecchi, se non di Michelagnolo; e così gli presentò l’opera, che la ricevé con molta allegrezza, dove molti ricordi di cose aveva avuto dalla voce sua il Vasari come da artefice più vecchio e di giudizio; e non andò guari che avendola letta gli mandò Michelagnolo il presente sonetto fatto da lui, il quale mi piace in memoria delle sue amorevolezze porre in questo luogo:

Se con lo stile o coi colori avete alla natura pareggiato l’arte, anzi a quella scemato il pregio in parte, che ’l bel di lei più bello a noi rendete, poi che con dotta man posto vi sete a più degno lavoro, a vergar carte, quel che vi manca a lei di pregio in parte nel dar vita ad altrui tutta togliete. Che se secolo alcuno omai contese in far bell’opre, almen cedale, poi che convien ch’al prescritto fine arrive. Or le memorie altrui, già spente, accese tornando, fate or che fien quelle e voi, mal grado d’esse, eternalmente vive.

Partì il Vasari per Fiorenza, e lassò la cura a Michelagnolo del fare fondare a Montorio. Era Messer Bindo Altoviti, allora Consolo della nazione fiorentina, molto amico del Vasari, che in su questa occasione gli disse che sarebbe bene di far condurre questa opera nella chiesa di San Giovanni de’ fiorentini, e che ne aveva già parlato con Michelagnolo, il quale favorirebbe la cosa e sarebbe questo cagione di dar fine a quella chiesa. Piacque questo a Messer Bindo, et essendo molto famigliare del Papa gliene ragionò caldamente, mostrando che sarebbe stato bene che le sepolture e la cappella che Sua Santità faceva fare per Montorio l’avesse fatte nella chiesa di San Giovanni de’ fiorentini, et aggiugnendo che ciò sarebbe cagione che con questa occasione e sprone la nazione farebbe spesa tale, che la chiesa arebbe la sua fine; e se Sua Santità facesse la cappella maggiore, gli altri mercanti farebbono