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disse che erano per la spesa del Papa e non per interesso suo, che gli riportasse che non usava far quitanza, né riceute per altri; onde per tema colui ritornò senza a Iacopo. Mentre che egli era a Carrara e che e’ faceva cavar marmi, non meno per la sepoltura di Giulio che per la facciata, pensando pur di finirla, gli fu scritto che avendo inteso papa Leone che nelle montagne di Pietrasanta a Seravezza sul dominio fiorentino, nella altezza del più alto monte chiamato l’Altissimo, erano marmi della medesima bontà e bellezza che quelli di Carrara, e già lo sapeva Michelagnolo, ma pareva che non ci volesse attendere per essere amico del marchese Alberigo signore di Carrara, e per fargli beneficio volessi più tosto cavare de’ carraresi che di quegli di Seravezza, o fusse che egli la giudicasse cosa lunga e da perdervi molto tempo, come intervenne; ma pure fu forzato andare a Seravezza, se bene allegava in contrario che ciò fussi di più disagio e spesa, come era, massimamente nel suo principio, e di più che non era forse così. Ma, in effetto, non volse udirne parola, però convenne fare una strada di parecchi miglia per le montagne, e per forza di mazze e picconi rompere massi per ispianare e con palafitta ne’ luoghi paludosi, ove spese molti anni Michelagnolo per esseguire la volontà del Papa, e vi si cavò finalmente cinque colonne di giusta grandezza, che una n’è sopra la piazza di San Lorenzo in Fiorenza, l’altre sono alla marina. E per questa cagione il marchese Alberigo, che si vedde guasto l’aviamento, diventò poi gran nemico di Michelagnolo senza sua colpa. Cavò oltre a queste colonne molti marmi, che sono ancora in sulle cave stati più di trenta anni. Ma oggi il duca Cosimo ha dato ordine di finire la strada, che ci è ancora dua miglia a farsi, molto malagevole per condurre questi marmi, e di più da un’altra cava eccellente per marmi che allora fu scoperta da Michelagnolo, per poter finire molte belle imprese, e nel medesimo luogo di Seravezza ha scoperto una montagna di mischii durissimi e molti begli sotto Stazema, villa in quelle montagne, dove ha fatto fare il medesimo duca Cosimo una strada siliciata di più di quattro miglia per condurli alla marina. E tornando a Michelagnolo, che se ne tornò a Fiorenza perdendo molto tempo ora in questa cosa et ora in quell’altra, et allora fece per il palazzo de’ Medici un modello delle finestre inginocchiate a quelle stanze che sono sul canto dove Giovanni da Udine lavorò quella camera di stucco e dipinse, che è cosa lodatissima, e fecevi fare, ma con suo ordine, dal Piloto orefice quelle gelosie di rame straforato che son certo cosa mirabile. Consumò Michelagnolo molti anni in cavar marmi; vero è che mentre si cavavano fece modelli di cera et altre cose per l’Opera. Ma tanto si prolungò questa impresa, che i danari del Papa assegnati a questo lavoro si consumarono nella guerra di Lombardia, e l’opera per la morte di Leone rimase imperfetta, per che altro non vi si fece che il fondamento dinanzi per reggerla, e condussesi da Carrara una colonna grande di marmo su la piazza di San Lorenzo. Spaventò la morte di Leone talmente gli artefici e le arti et in Roma et in Fiorenza, che mentre che Adriano vi visse, Michelagnolo s’attese in Fiorenza alla sepoltura di Giulio. Ma morto Adriano e creato Clemente VII, il quale nelle arti della architettura, della scultura, della pittura, fu non meno desideroso di lasciar fama che Leone e