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gambe et avvolgere a le braccia coloro che rimasti in quella attitudine che gli erano non si possono muovere; senza le bellissime teste che gridano et arrovesciate si disperano. Né manco belli di tutti questi sono coloro che riguardando il serpente e sentendosi nel riguardarlo alleggerire il dolore e rendere la vita, lo riguardano con affetto grandissimo, fra’ quali si vede una femina che è sostenuta da uno d’una maniera che e’ si conosce non meno l’aiuto che l’è porto da chi la regge, che il bisogno di lei in sì subita paura e puntura. Similmente nell’altra, dove Assuero essendo in letto legge i suoi annali, son figure molto belle, e tra l’altre vi si vegon tre figure a una tavola, che mangiano, nelle quali rapresenta il consiglio che e’ si fece di liberare il popolo ebreo e di appiccare Aman; la quale figura fu da lui in scorto straordinariamente condotta, avvenga che e’ finse il tronco che regge la persona di colui e quel braccio che viene innanzi non dipinti, ma vivi e rilevati infuori, così con quella gamba che manda innanzi e simil parti che vanno dentro; figura certamente fra le dificili e belle bellissima e dificilissima. Che troppo lungo sarebbe a dichiarare le tante belle fantasie d’atti diferenti dove tutta è la geonologia d’i padri cominciando da’ figliuoli di Noè per mostrare la Generazione di Gesù Cristo. Nelle qual figure non si può dire la diversità delle cose, come panni, arie di teste et infinità di capricci straordinari e nuovi e bellissimamente considerati; dove non è cosa che con ingegno non sia messa in atto; e tutte le figure che vi sono son di scorti bellissimi et artifiziosi, et ogni cosa che si ammira è lodatissima e divina. Ma chi non amirerà e non resterà smarrito veggendo la terribilità dell’Iona, ultima figura della cappella? Dove con la forza della arte la volta, che per natura viene innanzi girata dalla muraglia, sospinta dalla apparenza di quella figura che si piega indietro, apparisce diritta e vinta dall’arte del disegno, ombre e lumi, pare che veramente si pieghi indietro. O veramente felice età nostra, o beati artefici, che ben così vi dovete chiamare, da che nel tempo vostro avete potuto al fonte di tanta chiarezza rischiarare le tenebrose luci degli occhi e vedere fattovi piano tutto quel che era dificile da sì maraviglioso e singulare artefice! Certamente la gloria delle sue fatiche vi fa conoscere et onorare, da che ha tolto da voi quella benda che avevate innanzi agli occhi della mente, sì di tenebre piena, e v’ha scoperto il vero dal falso, il quale v’adombrava l’intelletto. Ringraziate di ciò dunque il Cielo e sforzatevi di imitare Michelagnolo in tutte le cose. Sentissi nel discoprirla correre tutto il mondo d’ogni parte, e questo bastò per fare rimanere le persone trasecolate e mutole; laonde il Papa, di tal cosa ingrandito e dato animo a sé di far maggiore impresa, con danari e ricchi doni rimunerò molto Michelagnolo, il quale diceva alle volte de’ favori, che gli faceva quel Papa, tanto grandi che mostrava di conoscere grandemente la virtù sua; e se talvolta per una sua cotale amorevolezza gli faceva villania la medicava con doni e favori segnalati: come fu quando dimandandogli Michelagnolo licenzia una volta di andare a fare il San Giovanni a Fiorenza, e chiestogli per ciò danari, disse: "Be’, questa cappella quando sarà fornita?"; "Quando potrò, Padre Santo"; il Papa che aveva una mazza in mano percosse Michelagnolo dicendo: "Quando potrò, quando potrò: te la farò finire bene io". Però tornato a casa Michelagnolo per mettersi in ordine per ire a Fiorenza, mandò subito il Papa