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lettere". Lasciò il Papa in sul banco di Messer Antonmaria da Lignano scudi mille per finirla, la quale fu poi posta nel fine di sedici mesi che penò a condurla, nel frontespizio della chiesa di San Petronio nella facciata dinanzi, come si è detto, e della sua grandezza s’è detto. Questa statua fu rovinata da’ Bentivogli, e ’l bronzo di quella venduto al duca Alfonso di Ferrara, che ne fece una artiglieria chiamata la Giulia, salvo la testa, la quale si trova nella sua guardaroba. Mentre che ’l Papa se n’era tornato a Roma e che Michelagnolo aveva condotto questa statua, nella assenzia di Michelagnolo, Bramante, amico e parente di Raffaello da Urbino, e per questo rispetto poco amico di Michelagnolo, vedendo che il Papa favoriva et ingrandiva l’opere che faceva di scoltura, andaron pensando di levargli dell’animo, che tornando Michelagnolo, Sua Santità non facessi attendere a finire la sepoltura sua, dicendo che pareva uno affrettarsi la morte et augurio cattivo il farsi in vita il sepolcro, e’ lo persuasono a far che nel ritorno di Michelagnolo Sua Santità, per memoria di Sisto suo zio, gli dovessi far dipignere la volta della cappella che egli aveva fatta in palazzo, et in questo modo pareva a Bramante et altri emuli di Michelagnolo di ritrarlo dalla scoltura ove lo vedeva perfetto, e metterlo in disperazione, pensando col farlo dipignere che dovessi fare, per non avere sperimento ne’ colori a fresco, opera men lodata, e che dovessi riuscire da meno che Raffaello; e caso pure che e’ riuscissi il farlo, el facessi sdegnare per ogni modo col Papa, dove ne avessi a seguire, o nell’uno modo o nell’altro, l’intento loro di levarselo dinanzi. Così ritornato Michelagnolo a Roma e stando in proposito il Papa di non finire per allora la sua sepoltura, lo ricercò che dipignessi la volta della cappella. Il che Michelagnolo, che desiderava finire la sepoltura e parendogli la volta di quella cappella lavor grande e dificile, e considerando la poca pratica sua ne’ colori, cercò con ogni via di scaricarsi questo peso da dosso, mettendo perciò innanzi Raffaello. Ma tanto quanto più ricusava, tanto maggior voglia ne cresceva al Papa, impetuoso nelle sue imprese, e per arroto di nuovo dagli emuli di Michelagnolo stimolato, e spezialmente da Bramante, che quasi il Papa, che era sùbito, si fu per adirare con Michelagnolo. Là dove visto che perseverava Sua Santità in questo, si risolvé a farla, et a Bramante comandò il Papa che facessi per poterla dipignere il palco: dove lo fece impiccato tutto sopra canapi, bucando la volta; il che da Michelagnolo visto dimandò Bramante come egli avea a fare, finito che avea di dipignerla, a riturare i buchi; il quale disse: "E’ vi si penserà poi", e che non si poteva fare altrimenti. Conobbe Michelagnolo che o Bramante in questo valeva poco, o che egl’era poco amico, e se ne andò dal Papa e gli disse che quel ponte non stava bene, e che Bramante non l’aveva saputo fare; il quale gli rispose in presenzia di Bramante che lo facessi a modo suo. Così ordinò di farlo sopra i sorgozoni che non toccassi il muro, che fu il modo che ha insegnato poi et a Bramante et agli altri di armare le volte e fare molte buone opere. Dove egli fece avanzare a un povero uomo legnaiuolo che lo rifece tanto di canapi, che vendutogli avanzò la dote per una sua figliuola, donandogliene Michelagnolo. Per il che messo mano a fare i cartoni di detta volta, dove volse ancora il Papa che si guastassi le facciate che avevano già dipinto al tempo di Sisto i maestri innanzi a lui, e