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forse che lo attendere a quella virtù non conosciuta da loro, fussi cosa bassa e non degna della antica casa loro. Aveva in questo tempo preso Michelagnolo amicizia con Francesco Granacci, il quale anche egli giovane si era posto appresso a Domenico del Grillandaio per imparare l’arte della pittura, là dove amando il Granacci Michelagnolo e vedutolo molto atto al disegno, lo serviva giornalmente de’ disegni del Grillandaio, il quale era allora reputato non solo in Fiorenza, ma per tutta Italia de’ migliori maestri che ci fussero. Per lo che crescendo giornalmente più il desiderio di fare a Michelagnolo, e Lodovico non potento diviare che il giovane al disegno non attendesse, e che non ci era rimedio, si risolvé, per cavarne qualche frutto e perché egli imparasse quella virtù, consigliato da amici, di acconciarlo con Domenico Grillandaio. Aveva Michelagnolo, quando si acconciò all’arte con Domenico, quattordici anni, e perché chi ha scritto la vita sua dopo l’anno 1550, che io scrissi queste vite la prima volta, dicendo che alcuni, per non averlo praticato, n’han detto cose che mai non furono e lassatone di molte che son degne d’essere notate, e particularmente tocco questo passo tassando Domenico d’invidiosetto, né che porgessi mai aiuto alcuno a Michelagnolo, il che si vidde essere falso, potendosi vedere per una scritta di mano di Lodovico padre di Michelagnolo scritto sopra i libri di Domenico, il qual libro è appresso oggi agli eredi suoi che dice così: "1488. Ricordo questo dì primo d’aprile, come io Lodovico di Lionardo di Buonarota acconcio Michelagnolo mio figliuolo con Domenico e Davit di Tommaso di Currado per anni tre prossimi a venire con questi patti e modi: che ’l detto Michelagnolo debba stare con i sopra detti detto tempo a imparare a dipignere et a fare detto essercizio, e ciò i sopra detti gli comanderanno, e detti Domenico e Davit gli debbon dare in questi tre anni fiorini ventiquattro di sugello, el primo anno fiorini sei, el secondo anno fiorini otto, il terzo fiorini dieci; in tutta la somma di lire novantasei". Et appresso vi è sotto questo ricordo o questa partita, scritta pur di mano di Lodovico: "Hanne avuto il sopra detto Michelagnolo questo dì 16 d’aprile fiorini dua d’oro in oro. Ebbi io Lodovico di Lionardo, suo padre lui, contanti lire 12,12". Queste partite ho copiate io dal proprio libro per mostrare che tutto quel che si scrisse allora e che si scriverrà al presente è la verità, né so che nessuno l’abbi più praticato di me e che gli sia stato più amico e servitore fedele, come n’è testimonio fino chi nol sa; né credo che ci sia nessuno che possa mostrare maggior numero di lettere scritte da lui proprio, né con più affetto che egli ha fatto a me. Ho fatto questa disgressione per fede della verità, e questo basti per tutto il resto della sua vita. Ora torniamo alla storia. Cresceva la virtù e la persona di Michelagnolo di maniera che Domenico stupiva vedendolo fare alcune cose fuor d’ordine di giovane, perché gli pareva che non solo vincesse gli altri discepoli, dei quali aveva egli numero grande, ma che paragonasse molte volte le cose fatte da lui come maestro. Avvenga che uno de’ giovani che imparava con Domenico, avendo ritratto alcune femine di penna, vestite, dalle cose del Grillandaio, Michelagnolo prese quella carta e con penna più grossa ridintornò una di quelle femmine di nuovi lineamenti nella maniera che arebbe avuto a stare, perché istessi perfettamente,