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ha fatto, a fine; nella quale ha fatto un coro di molti Angeli e variati splendori, con Dio Padre che manda lo Spirito Santo sopra la Madonna, mentre è dall’angelo Gabriello annunziata, e messa in mezzo da sei Profeti maggiori del vivo e molto belli. Taddeo seguitando intanto di fare nella Trinità in fresco l’assunta della Madonna, pareva che fosse spinto dalla natura a far in quell’opera, come ultima, l’estremo di sua possa; e di vero fu l’ultima; perciò che infermato d’un male che a principio parve assai leggeri e cagionato dai gran caldi che quell’anno furono, e poi riuscì gravissimo, si morì del mese di settembre l’anno 1566, avendo prima come buon cristiano ricevuto i Sacramenti della Chiesa e veduto la più parte dei suoi amici, lasciando in suo luogo Federigo suo fratello, ch’anch’egli allora era amalato. E così in poco tempo, essendo stati levati del mondo il Buonarroto, il Salviati, Daniello e Taddeo, hanno fatto grandissima perdita le nostre arti e particolarmente la pittura. Fu Taddeo molto fiero nelle sue cose et ebbe una maniera assai dolce e pastosa, e tutto lontana da certe crudezze; fu abondante ne’ suoi componimenti e fece molto belle le teste, le mani e gl’ignudi, allontanandosi in essi da molte crudezze, nelle quali fuor di modo si affaticano alcuni per parere d’intendere l’arte e la notomia, ai quali aviene molte volte, come avenne a colui che, per volere essere nel favellare troppo ateniese, fu da una donniciola per non ateniese conosciuto. Colorì parimente Taddeo con molta vaghezza et ebbe maniera facile, perché fu molto aiutato dalla natura, ma alcuna volta se ne volle troppo servire. Fu tanto volentoroso d’avere da sé, che durò un pezzo a pigliare ogni lavoro per guadagnare, et insomma fece molte, anzi infinite cose degne di molta lode. Tenne lavoranti assai per condurre l’opere, perciò che non si può fare altrimenti; fu sanguigno, subito e molto sdegnoso, et oltre ciò dato alle cose veneree, ma nondimeno, ancor che a ciò fusse inclinatissimo di natura, fu temperato e seppe fare le sue cose con una certa onesta vergogna e molto segretamente; fu amorevole degli amici e dove potette giovare loro se n’ingegnò sempre. Restò coperta alla morte sua l’opera della Trinità et imperfetta la sala grande del palazzo di Farnese, e così l’opere di Caprarola, ma tutte nondimeno rimasero in mano di Federigo suo fratello, il quale si contentano i padroni dell’opera che dia a quelle fine come farà, e nel vero non sarà Federigo meno erede della virtù di Taddeo che delle facultà. Fu da Federigo data sepoltura a Taddeo nella Ritonda di Roma, vicino al tabernacolo dove è sepolto Raffaello da Urbino del medesimo stato, e certo sta bene l’uno a canto all’altro, perciò che sì come Raffaello d’anni trentasette e nel medesimo dì che era nato morì, cioè il venerdì santo, così Taddeo nacque a dì primo di settembre 1529 e morì alli due dello stesso mese, l’anno 1566. È d’animo Federigo, se gli fia conceduto, restaurare l’altro tabernacolo pure nella Ritonda e fare qualche memoria in quel luogo al suo amorevole fratello, al quale si conosce obligatissimo. Ora perché di sopra si è fatto menzione di Iacopo Barozzi da Vignuola e detto che secondo l’ordine et architettura di lui ha fatto l’illustrissimo cardinal Farnese il suo ricchissimo e reale villaggio di Caprarola, dico che Iacopo Barozzi da Vignuola, pittore et architetto bolognese, che oggi ha 58 anni, nella sua puerizia e gioventù fu messo