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il colorito è vaghissimo, e per dire il vero, sentendosi Francesco gagliardo e copioso d’invenzione et avendo la mano ubbidiente all’ingegno, arebbe voluto sempre avere opere grandi e straordinarie alle mani. E non per altro fu strano nel conversare con gli amici, se non perché essendo vario et in certe cose poco stabile, quello che oggi gli piaceva, domani aveva in odio, e fece pochi lavori d’importanza che non avesse in ultimo a contendere del prezzo; per le quali cose era fuggito da molti. Dopo queste opere, avendo Andrea Tassini a mandar un pittore al re di Francia, et avendo l’anno 1554 in vano ricercato Giorgio Vasari, che rispose non volere, per qual si voglia gran provisione o promesse o speranza, partirsi dal servizio del duca Cosimo suo signore, convenne finalmente con Francesco e lo condusse in Francia, con obligare di satisfarlo in Roma, non lo satisfacendo in Francia. Ma prima che esso Francesco partisse di Roma, come quello che pensò non avervi mai più a ritornare, vendé la casa, le masserizie et ogni altra cosa, eccetto gli ufficii che aveva. Ma la cosa non riuscì come si aveva promesso, perciò che arrivato a Parigi, dove da Messer Francesco Primaticcio abbate di San Martino e pittore et architetto del Re fu ricevuto benignamente e con molte cortesie, fu subito conosciuto per quello che si dice per un uomo così fatto. Conciò fusse che non vedesse cosa né del Rosso, né d’altri maestri, la quale egli alla scoperta o così destramente non biasimasse. Per che aspettando ognuno da lui qualche gran cosa, fu dal cardinale di Loreno, che là l’aveva condotto, messo a fare alcune pitture in un suo palazzo a Dampiera, per che avendo fatto molti disegni, mise finalmente mano all’opra facendo alcuni quadri di storie a fresco sopra cornicioni di camini et uno studiolo pieno di storie, che dicono che fu di gran fattura. Ma che che se ne fusse cagione, non gli furono cotali opere molto lodate. Oltre di questo non vi fu mai Francesco molto amato, per esser di natura tutto contraria a quella degli uomini di quel paese, essendo che, quanto vi sono avuti cari et amati gli uomini allegri, gioviali, che vivono alla libera e si trovano volentieri in brigata et a far banchetti, tanto vi sono, non dico fuggiti, ma meno amati e carezzati coloro che sono come Francesco era, di natura malinconico, sobrio, malsano e stitico. Ma d’alcune cose arebbe meritato scusa, però che se la sua complessione non comportava che s’avilupasse ne’ pasti e nel mangiar troppo e bere, arebbe potuto essere più dolce nel conversare. E, che è peggio, dove suo debito era, secondo l’uso del paese e di quelle corti, farsi vedere e corteggiare, egli arebbe voluto, e parevagli meritarlo, essere da tutto il mondo corteggiato. In ultimo, essendo quel re occupato in alcune guerre e parimente il Cardinale, e mancando le provisioni e promesse, si risolvé Francesco, dopo essere stato là venti mesi, a ritornarsene in Italia. E così condottosi a Milano (dove dal cavalier Lione Aretino fu cortesemente ricevuto in una sua casa, la quale si ha fabricata ornatissima e tutta piena di statue antiche e moderne e di figure di gesso, formate da cose rare come in altro luogo si dirà) dimorato che quivi fu quindici giorni e riposatosi, se ne venne a Fiorenza, dove avendo trovato Giorgio Vasari e dettogli quanto aveva ben fatto a non andare in Francia, gli contò cose da farne fuggire la voglia a chiunque d’andarvi l’avesse