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all’altra sua storia della Visitazione, la natività di esso San Giovanni, la quale, se bene condusse ottimamente, ella nondimeno non fu pari alla prima. Parimente in testa di detta Compagnia fece per Messer Bartolomeo Pussotti due figure in fresco, cioè Santo Andrea e San Bartolomeo Apostoli, molto belli, i quali mettono in mezzo la tavola dell’altare, nella quale è un Deposto di croce di mano del detto Iacopo del Conte, che è bonissima pittura e la migliore opera che infino allora avesse mai fatto. L’anno 1550 essendo stato eletto sommo pontefice Giulio Terzo, nell’apparato della coronazione, per l’arco che si fece sopra la scala di San Piero, fece Francesco alcune storie di chiaro scuro molto belle, e dopo essendosi fatto nella Minerva, dalla Compagnia del Sacramento, il medesimo anno, un sepolcro con molti gradi et ordini di colonne, fece in quello alcune storie e figure di terretta, che furono tenute bellissime; in una capella di San Lorenzo in Damaso fece due Angeli in fresco che tengono un panno, d’uno de’ quali n’è il disegno nel nostro libro. Dipinse a fresco nel reffettorio di San Salvatore del Lauro a Monte Giordano, nella facciata principale, le nozze di Cana galilea, nelle quali fece Gesù Cristo dell’acqua vino, con gran numero di figure, e dalle bande alcuni Santi e papa Eugenio Quarto che fu di quell’ordine et altri fondatori. E di dentro sopra la porta di detto reffettorio fece in un quadro a olio San Giorgio che ammazza il serpente, la quale opera condusse con molta pratica, finezza e vaghezza di colori. Quasi ne’ medesimi tempi mandò a Fiorenza a Messer Alamanno Salviati un quadro grande, nel quale sono dipinti Adamo et Eva che nel Paradiso terrestre mangiano d’intorno all’albero della vita il pomo vietato, che è una bellissima opera. Dipinse Francesco al signor Ranuccio cardinale Sant’Agnolo di casa Farnese, nel salotto che è dinanzi alla maggior sala del palazzo de’ Farnesi, due facciate, con bellissimo capriccio: in una fece il signor Ranuccio Farnese il Vecchio che da Eugenio Quarto riceve il bastone del capitanato di Santa Chiesa, con alcune virtù, e nell’altra papa Paolo Terzo Farnese che dà il bastone della Chiesa al signor Pier Luigi, e mentre si vede venire da lontano Carlo Quinto imperatore, accompagnato da Alessandro cardinale Farnese e da altri signori ritratti di naturale. Et in questa, oltra le dette e molte altre cose, dipinse una Fama et altre figure, che sono molto ben fatte. Ma è ben vero che quest’opera non fu del tutto finita da lui, ma da Taddeo Zucchero da Sant’Agnolo, come si dirà a suo luogo. Diede proporzione e fine alla capella del Popolo, che già fra’ Bastiano Viniziano aveva cominciata per Agostino Chigii, che non essendo finita, Francesco la finì, come s’è ragionato in fra’ Bastiano nella vita sua. Al cardinale Riccio da Monte Pulciano dipinse nel suo palazzo di strada Giulia una bellissima sala, dove fece a fresco in più quadri molte storie di Davit, e fra l’altre una Bersabè in un bagno che si lava con molte altre femine, mentre Davit la sta a vedere: è una storia molto ben composta, graziosa e tanto piena d’invenzione, quanto altra che si possa vedere. In un altro quadro è la morte d’Uria, in uno l’arca a cui vanno molti suoni inanzi, et insomma dopo alcune altre una battaglia che fa Davit con i suoi nimici, molto ben composta; e per dirlo brevemente, l’opera di questa sala è tutta piena di grazia, di bellissime fantasie e di molte capricciose et ingegnose invenzioni. Lo spartimento è fatto con molte considerazioni et