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opera capricciosa e molto vaga. Et al medesimo fece un disegno bellissimo d’un Crucifisso alto quasi un braccio con una Madalena a’ piedi, in sì nuova e vaga maniera, che è una maraviglia. Il qual disegno, avendo Messer Salvestro Bertini accommodato a Girolamo Razzi suo amicissimo, che oggi è don Silvano, ne furono coloriti due da Carlo da Loro, che n’ha poi fatti molti altri che sono per Firenze. Avendo Giovanni e Piero d’Agostino Dini fatta in Santa Croce, entrando per la porta di mezzo a man ritta, una capella di macigni molto ricca et una sepoltura per Agostino et altri di casa loro, diedero a fare la tavola di quella a Francesco, il quale vi dipinse Cristo che è deposto di croce da Ioseffo Baramatia e da Nicodemo, et a’ piedi la Nostra Donna svenuta con Maria Madalena, San Giovanni e l’altre Marie. La quale tavola fu condotta da Francesco con tanta arte e studio, che non solo il Cristo nudo è bellissimo, ma insieme tutte l’altre figure ben disposte e colorite con forza e rilievo. Et ancora che da principio fusse questa tavola dagli avversarii di Francesco biasimata, ella gl’acquistò nondimeno gran nome nell’universale, e chi n’ha fatto dopo lui a concorrenza, non l’ha superato. Fece il medesimo avanti che partisse di Firenze il ritratto del già detto Messer Lelio Torelli et alcune altre cose di non molta importanza, delle quali non so i particolari, ma fra l’altre cose diede fine a una carta, la quale aveva disegnata molto prima in Roma della conversione di San Paolo, che è bellissimo, il quale fece intagliar in rame da Enea Vico da Parma in Fiorenza. Et il Duca si contentò trattenerlo infino a che fusse ciò fatto in Fiorenza, con i suoi soliti stipendii e provisione. Nel qual tempo, che fu l’anno 1548, essendo Giorgio Vasari in Arimini a lavorare a fresco et a olio l’opere delle quali si è favellato in altro luogo, gli scrisse Francesco una lunga lettera, ragguagliandolo per apunto d’ogni cosa e come le sue cose passavano in Fiorenza, et in particolare d’aver fatto un disegno per la capella maggiore di San Lorenzo, che di ordine del signor Duca s’aveva a dipignere; ma che intorno a ciò era stato fatto malissimo ufficio per lui appresso sua eccellenzia, e che oltre all’altre cose, teneva quasi per fermo che Messer Pierfrancesco maiordomo non avesse mostro il suo disegno, onde era stata allogata l’opera al Pontorno; et ultimamente, che per queste cagioni se ne tornava a Roma, malissimo sodisfatto degl’uomini et artefici della sua patria. Tornato dunque in Roma, avendo comperata una casa vicina al palazzo del cardinale Farnese, mentre si andava trattenendo con lavorare alcune cose di non molta importanza, gli fu dal detto cardinale, per mezzo di Messer Annibale Caro e di don Giulio Clovio, data a dipignere la capella del palazzo di San Giorgio. Nella quale fece bellissimi partimenti di stucchi et una graziosa volta a fresco con molte figure e storie di San Lorenzo, et in una tavola di pietra a olio la Natività di Cristo, accommodando in quell’opera, che fu bellissima, il ritratto di detto Cardinale. Dopo essendogli allogato un altro lavoro nella già detta Compagnia della Misericordia, dove aveva fatto Iacopo del Conte la predica et il battesimo di San Giovanni, nelle quali, se bene non aveva passato Francesco, si era portato benissimo, e dove avevano fatto alcune altre cose Battista Franco viniziano e Pirro Ligorio, fece Francesco in questa parte, che è a punto a canto