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Medici e Tolledo, fece due storie: a man ritta Camillo che comanda che quel maestro di scuola sia dato in preda a’ fanciulli suoi scolari, e nell’altra il medesimo, che mentre l’esercito combatte et il fuoco arde gli steccati et alloggiamenti del campo, rompe i Galli; et a canto dove seguita il medesimo ordine di pilastri fece grande quanto il vivo una Occasione che ha preso la Fortuna per lo crine, et alcune imprese di sua eccellenza, con molti ornamenti fatti con grazia maravigliosa. Nella facciata maggiore, dove sono due gran vani divisi dalla porta principale, fece due storie grandi e bellissime. Nella prima sono Galli, che pesando l’oro del tributo, vi aggiungono una spada, acciò sia il peso maggiore, e Camillo che sdegnato con la virtù dell’armi si libera dal tributo, la qual storia è bellissima, copiosa di figure, di paesi, d’antichità e di vasi benissimo et in diverse maniere finti d’oro e d’argento. Nell’altra storia a canto a questa è Camillo sopra il carro trionfale tirato da quattro cavalli, et in alto la Fama che lo corona. Dinanzi al carro sono sacerdoti con la statua della dea Giunone, con vasi in mano, molto riccamente abbigliati e con alcuni trofei e spoglie bellissime; d’intorno al carro sono infiniti prigioni in diverse attitudini, e dietro i soldati dell’esercito armati, fra i quali ritrasse Francesco se stesso tanto bene, che par vivo. Nel lontano dove passa il trionfo è una Roma molto bella, e sopra la porta è una Pace di chiaro scuro con certi prigioni, la quale abrucia l’armi; il che tutto fu fatto da Francesco con tanta diligenza e studio, che non può vedersi più bell’opra. Nell’altra faccia, che è volta a ponente, fece nel mezzo e ne’ maggior vani in una nicchia Marte armato, e sotto quello una figura ignuda finta per un Gallo con la cresta in capo simile a quella de’ galli naturali, et in un’altra nicchia Diana succinta di pelle, che si cava una freccia del turcasso, e con un cane. Ne’ due canti di verso l’altre due facciate sono due Tempi, uno che aggiusta i pesi con le bilance e l’altro che tempra, versando l’acqua di due vasi l’uno nell’altro. Nell’ultima facciata, dirimpetto alla capella, la quale volta a tramontana, è da un canto a man ritta il sole figurato nel mo’ che gli ... egizzii il mostrano, e dall’altro la luna nel medesimo modo; nel mezzo è il Favore finto in un giovane ignudo in cima alla ruota, et in mezzo da un lato all’Invidia, all’Odio et alla Maladicenza e dall’altro agli Onori, al Diletto et a tutte l’altre cose descritte da Luciano. Sopra le finestre è un fregio tutto pieno di bellissimi ignudi, grandi quanto il vivo et in diverse forme et attitudini, con alcune storie similmente de’ fatti di Camillo, e dirimpetto alla Pace, che arde l’arme, è il fiume Arno che avendo un corno di dovizia abbondantissimo, scuopre (alzando con una mano un panno) una Fiorenza e la grandezza de’ suoi pontefici e gli eroi di casa Medici. Vi fece oltre di ciò un basamento che gira intorno a queste storie e nicchie con alcuni termini di femina che reggono festoni, e nel mezzo sono certi ovati con storie di popoli che adornano una Sfinge et il fiume Arno. Mise Francesco in fare quest’opera tutta quella diligenza e studio che è possibile, e la condusse felicemente ancora che avesse molte contrarietà, per lasciar nella patria un’opra degna di sé e di tanto prencipe. Era Francesco di natura malinconico, e le più volte non si curava quando era a lavorare d’avere intorno niuno. Ma nondimeno quando a principio cominciò quest’opera, quasi sforzando la natura