Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/306

diede saggio della riuscita che ha poi fatto. Dopo fece a Francesco Sertini, che lo mandò in Francia, in un quadro una Dalida che tagliava i capegli a Sansone, e nel lontano quando egli abbracciando le colonne del tempio, lo rovina addosso ai Filistei, il quale quadro fece conoscere Francesco per il più eccellente de’ pittori giovani che allora fussero a Fiorenza. Non molto dopo, essendo a Benvenuto dalla Volpaia, maestro d’oriuoli, il quale allora si trovava in Roma, chiesto dal cardinale Salviati il Vecchio un giovane pittore, il quale stesse appresso di sé, e gli facesse per suo deletto alcune pitture, Benvenuto gli propose Francesco il quale era suo amico e sapeva esser il più sufficiente di quanti giovani pittori conosceva; il che fece anco tanto più volentieri, avendo promesso il Cardinale gli darebbe ogni comodo et aiuto da potere studiare. Piacendo dunque al Cardinale le qualità del giovane, disse a Benvenuto che mandasse per lui e gli diede per ciò danari; e così arrivato Francesco in Roma, piacendo il suo modo di fare et i suoi costumi e maniere al Cardinale, ordinò che in Borgo Vecchio avesse le stanze, e quattro scudi il mese et il piatto alla tavola de’ gentiluomini. Le prime opere che Francesco (al quale pareva avere avuto grandissima ventura) facesse al Cardinale furono un quadro di Nostra Donna, che fu tenuto bello, et in una tela un signor franzese che corre cacciando dietro a una cervia, il quale fuggendo, si salva nel tempio di Diana; della quale opera tengo io il disegno di sua mano, per memoria di lui, nel nostro libro. Finita questa tela, il Cardinale fece ritrarre in un quadro bellissimo di Nostra Donna una sua nipote maritata al signor Cagnino Gonzaga et esso signore parimente. Ora standosi Francesco in Roma e non avendo maggior disiderio che di vedere in quella città l’amico suo Giorgio Vasari, ebbe in ciò la fortuna favorevole ai suo’ disideri, ma molto più esso Vasari. Perciò che, essendosi partito tutto sdegnato il cardinale Ipolito da papa Clemente, per le cagioni che allora si dissero, e ritornandosene indi a non molto a Roma accompagnato da Baccio Valori, nel passare per Arezzo trovò Giorgio che era rimaso senza padre e si andava trattenendo il meglio che poteva. Per che disiderando che facesse qualche frutto nell’arte e di volerlo appresso di sé, ordinò a Tommaso de’ Nerli, che quivi era commessario, che glielo mandasse a Roma subito che avesse finita una cappella, che faceva a fresco ai monaci di S. Bernardo dell’Ordine di Monte Oliveto in quella città. La qual commessione essequì il Nerli subitamente; onde arrivato Giorgio in Roma andò subito a trovare Francesco, il quale tutto lieto gli raccontò in quanta grazia fusse del Cardinale suo signore, e che era in luogo dove potea cavarsi la voglia di studiare, aggiugnendo: "Non solo mi godo di presente, ma spero ancor meglio. Perciò che, oltre al veder te in Roma, col quale potrò come giovane amicissimo considerare e conferire le cose dell’arte, sto con speranza d’andare a servire il cardinale Ipolito de’ Medici, dalla cui liberalità e pel favore del Papa potrò maggiori cose sperare, che quelle che ho al presente, e per certo mi verrà fatto, se un giovane che aspetta di fuori non viene".