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fermo Raffaello da Monte Lupo, perché s’infermò quando apunto volea partire con esso loro per Messina, fecero altra resoluzione e condussero il frate, che con ogni instanza e qualche mezzo cercò d’avere quel lavoro. Avendo dunque posto in Roma al legnaiuolo Angelo suo nipote che gli riuscì di più grosso ingegno che non aveva pensato, con Martino si partì il frate e giunsono in Messina del mese di settembre 1547, dove, accomodati di stanze e messo mano a fare il condotto dell’acque che vengono di lontano et a fare venire marmi da Carrara, condusse con l’aiuto di molti scarpellini et intagliatori con molta prestezza quella fonte, che è così fatta: ha, dico, questa fonte otto facce, cioè quattro grandi e principali e quattro minori, due delle quali maggiori venendo in fuori fanno in sul mezzo un angolo, e due, andando in dentro, s’accompagnano con un’altra faccia piana che fa l’altra parte dell’altre quattro facce, che in tutto sono otto. Le quattro facce angolari, che vengono in fuori facendo risalto, danno luogo alle quattro piane, che vanno in dentro; e nel vano è un pilo assai grande, che riceve acque in gran copia da quattro fiumi di marmo che accompagnano il corpo del vaso di tutta la fonte intorno alle dette otto facce; la qual fonte posa sopra un ordine di quattro scalee che fanno dodici facce: otto maggiori che fanno la forma dell’angolo, e quattro minori dove sono i pili. E sotto i quattro fiumi sono le sponde alte palmi cinque, et in ciascun angolo (che tutti fanno venti facce) fa ornamento un termine; la circonferenza del primo vaso dall’otto facce è centodue palmi et il diametro è trentaquattro, et in ciascuna delle dette venti facce è intagliata una storietta di marmo in basso rilievo, con poesie di cose convenienti a fonti et acque, come dire il cavallo Pegaso che fa il fonte Castalio, Europa che passa il mare, Icaro che volando cade nel medesimo, Aretusa conversa in fonte, Iason che passa il mare col montone d’oro, Narciso converso in fonte, Diana nel fonte che converte Ateon in cervio, con altre simili. Negl’otto angoli che dividono i risalti delle scale della fonte che saglie due gradi andando ai pili et ai fiumi e quattro alle sponde angolari sono otto mostri marini in diverse forme a giacere sopra certi dadi, con le zampe dinanzi che posano sopra alcune maschere, le quali gettano acqua in certi vasi. I fiumi che sono in sulla sponda et i quali posano di dentro sopra un dado tanto alto, che pare che seggano nell’acqua, sono il Nilo con sette putti, il Tevere circondato da una infinità di palme e trofei, l’Ibero con molte vittorie di Carlo Quinto et il fiume Cumano vicino a Messina, dal quale si prendono l’acque di questa fonte, con alcune storie e ninfe fatte con belle considerazioni. Et insino a questo piano di dieci palmi sono sedici getti d’acqua grossissimi: otto ne fanno le maschere dette, quattro i fiumi e quattro alcuni pesci alti sette palmi, i quali stando nel vaso ritti e con la testa fuora gettano acqua dalla parte della maggior faccia. Nel mezzo dell’otto facce, sopra un dado alto quattro palmi, sono sopra ogni canto una serena con l’ale e senza braccia, e sopra queste, le quali si annodano nel mezzo, sono quattro tritoni alti otto palmi, i quali anch’essi con le code annodate e con le braccia reggono una gran tazza, nella quale gettano acqua quattro maschere intagliate superbamente; di mezzo alla quale tazza surgendo un piede tondo sostiene due maschere bruttissime, fatte per Scilla e Cariddi, le quali sono conculcate