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donato il re Enrico quel palagio al signor Piero Strozzi, si sarebbe trovato Giovanfrancesco a pessimo termine; ma la pietà di quel signore, al quale increbbe molto della fortuna del Rustico che se gli diede a conoscere, gli venne nel maggior bisogno a tempo, imperò che il signor Piero mandandolo a una badia, o altro luogo che si fusse, del fratello, non solamente sovvenne la povera vecchiezza di Giovanfrancesco, ma lo fece servire e governare, secondo che la sua molta virtù meritava, insino all’ultimo della vita. Morì Giovanfrancesco d’anni ottanta, e le sue cose rimasero per la maggior parte al detto signore Piero Strozzi. Non tacerò essermi venuto a notizia che mentre Antonio Mini, discepolo del Buonarroti, dimorò in Francia e fu da Giovanfrancesco trattenuto et accarezzato in Parigi, che vennero in mano di esso Rustichi alcuni cartoni, disegni e modelli di mano di Michelagnolo, de’ quali una parte ebbe Benvenuto Cellini scultore mentre stette in Francia, il quale gli ha condotti a Fiorenza. Fu Giovanfrancesco, come si è detto, non pure senza pari nelle cose di getto, ma costumatissimo, di somma bontà e molto amatore de’ poveri, onde non è maraviglia se fu con molta liberalità sovvenuto nel suo maggior bisogno di danari e d’ogni altra cosa dal detto signor Piero; però che è sopra ogni verità verissimo che in mille doppi, eziandio in questa vita, sono ristorate le cose che al prossimo ci fanno per Dio. Disegnò il Rustico benissimo come, oltre al nostro libro, si può vedere in quello de’ disegni del molto reverendo don Vincenzio Borghini. Il sopra detto Lorenzo Naldini, cognominato Guazzetto, discepolo del Rustico, ha in Francia molte cose lavorato ottimamente di scultura, ma non ho potuto sapere i particolari, come né anco dal suo maestro, il quale si può credere che non stesse tanti anni in Francia quasi ozioso, né sempre intorno a quel suo cavallo. Aveva il detto Lorenzo alcune case fuor della porta a San Gallo ne’ borghi, che furono per l’assedio di Firenze rovinati, che gli furono insieme con l’altre dal popolo gettate per terra, la qual cosa gli dolse tanto, che tornando egli a rivedere la patria l’anno 1540, quando fu vicino a Fiorenza un quarto di miglio si mise la capperuccia d’una sua cappa in capo e si coprì gl’occhi per non vedere disfatto quel borgo e la sua casa nell’entrare per la detta porta; onde, veggendolo così incarruffato le guardie della porta e dimandando che ciò volesse dire, intesero da lui perché si fusse così coperto e se ne risero. Costui essendo stato pochi mesi in Firenze, se ne tornò in Francia e vi menò la madre, dove ancora vive e lavora.

IL FINE DELLA VITA DI GIOVANFRANCESCO RUSTICHI FIORENTINO