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che coronato di lauro sedeva sopra uno scoglio con lo scetro in mano, et a’ piedi gli giaceva il fiume Betis con un vaso che versava da due bocche, et a canto a questo era il fiume Danubio che con sette bocche versava le sue acque nel mare. Io non farò qui menzione d’un infinito numero di statue che in questo arco accompagnavano le dette et altre pitture, perciò che bastandovi dire al presente quello che appartiene a Battista Franco, non è mio ufficio quello raccontare che da altri nell’apparato di quelle nozze fu scritto lungamente senza che, essendosi parlato dove facea bisogno de’ maestri delle dette statue, superfluo sarebbe qualunche cosa qui se ne dicessi, e massimamente non essendo le dette statue in piedi, onde possano esser vedute e considerate. Ma tornando a Battista, la migliore cosa che facesse in quelle nozze fu uno dei dieci sopra detti quadri che erano nell’apparato del maggior cortile del palazzo de’ Medici, nel quale fece di chiaro scuro il duca Cosimo investito di tutte le ducali insegne. Ma con tutto che vi usasse diligenza, fu superato, dal Bronzino e da altri che avevano manco disegno di lui, nell’invenzione, nella fierezza e nel maneggiare il chiaro scuro, atteso (come s’è detto altra volta) che le pitture vogliono essere condotte facili e poste le cose a’ luoghi loro con giudizio e senza uno certo stento e fatica che fa le cose parere dure e crude; oltra che il troppo ricercarle le fa molte volte venir tinte e le guasta. Perciò che lo star loro tanto a torno toglie tutto quel buono che suole fare la facilità e la grazia e la fierezza; le quali cose, ancor che in gran parte vengano e s’abbiano da natura, si possono anco in parte acquistare dallo studio e dall’arte. Essendo poi Battista condotto da Ridolfo Ghirlandaio alla Madonna di Vertigli in Valdichiana, il qual luogo era già membro del monasterio degl’Angeli di Firenze dell’Ordine di Camaldoli et oggi è capo da sé in cambio del monasterio di San Benedetto, che fu per l’assedio di Firenze rovinato fuor della porta a Pinti, vi fece le già dette storie del chiostro, mentre Ridolfo faceva la tavola e gl’ornamenti dell’altar maggiore. E quelle finite, come s’è detto nella vita di Ridolfo, adornarno d’altre pitture quel santo luogo, che è molto celebre e nominato per i molti miracoli che vi fa la Vergine madre del Figliuol di Dio. Dopo, tornato Battista a Roma, quando a punto s’era scoperto il Giudizio di Michelagnolo, come quelli che era studioso della maniera e delle cose di quell’uomo, il vide volentieri e con infinita maraviglia il disegnò tutto; e poi risolutosi a stare in Roma, a Francesco cardinale Cornaro, il quale aveva rifatto a canto a San Piero il palazzo che abitava e risponde nel portico verso Camposanto, dipinse sopra gli stucchi una loggia che guarda verso la piazza, facendovi una sorte di grottesche tutte piene di storiette e di figure; la qual opera, che fu fatta con molta fatica e diligenza, fu tenuta molto bella. Quasi ne’ medesimi giorni, che fu l’anno 1538, avendo fatto Francesco Salviati una storia in fresco nella Compagnia della Misericordia, e dovendo dargli l’ultimo fine e mettere mano ad altre, ché molti particolari disegnavano farvi, per la concorrenza che fu fra lui et Iacopo del Conte, non si fece altro; la qual cosa intendendo Battista, andò cercando, con questo mezzo, occasione di mostrarsi da più di Francesco et il migliore maestro di Roma; perciò che adoperando amici e mezzi fece tanto, che monsignor della Casa,