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fatto modo che ognuno ne stupiva. Questa inclinazione veggendo Francesco suo padre, lo condusse a Vinezia e lo pose a imparare l’arte del disegno con Giorgione da Castelfranco, col quale dimorando il giovane, sentì tanto lodare le cose di Michelagnolo e Raffaello, che si risolvé d’andare a Roma ad ogni modo. E così, avuto lettere di favore da Domenico Grimano amicissimo di suo padre a Baldassarri Castiglioni segretario del Duca di Mantoa et amicissimo di Raffaello da Urbino, se n’andò là dove da esso Castiglioni essendo accommodato nella scuola de’ giovani di Raffaello, apprese ottimamente i principii dell’arte, il che è di grande importanza, perciò che quando altri nel cominciare piglia cattiva maniera, rade volte adiviene ch’ella si lasci senza difficultà per apprenderne una migliore. Giovanni adunque, essendo stato pochissimo in Vinezia sotto la disciplina di Giorgione, veduto l’andar dolce, bello e grazioso di Raffaello, si dispose come giovane di bell’ingegno a volere a quella maniera attenersi per ogni modo; onde, alla buona intenzione corrispondendo l’ingegno e la mano, fece tal frutto, che in brevissimo tempo seppe tanto bene disegnare e colorire con grazia e facilità, che gli riusciva contrafare benissimo, per dirlo in una parola, tutte le cose naturali, d’animali, di drappi, d’instrumenti, vasi, paesi, casamenti e verdure, in tanto che niun de’ giovani di quella scuola il superava. Ma sopratutto si dilettò sommamente di fare uccelli di tutte le sorti, di maniera, che in poco tempo ne condusse un libro tanto vario e bello, che egli era lo spasso et il trastullo di Raffaello. Appresso il quale dimorando un fiamingo chiamato Giovanni, il quale era maestro eccellente di far vagamente frutti, foglie e fiori similissimi al naturale, se bene in maniera un poco secca e stentata, da lui imparò Giovanni da Udine a fargli belli come il maestro, e, che è più, con una certa maniera morbida e pastosa, la quale il fece in alcune cose, come si dirà, riuscire eccellentissimo. Imparò anco a far paesi con edifizii rotti, pezzi d’anticaglie e così a colorire in tele, paesi e verzure, nella maniera che si è dopo lui usato non pur dai fiaminghi, ma ancora da tutti i pittori italiani; Raffaello adunque, che molto amò la virtù di Giovanni, nel fare la tavola della Santa Cecilia, che è in Bologna, fece fare a Giovanni un organo che ha in mano quella Santa, il quale lo contrafé tanto bene dal vero, che pare di rilievo, et ancora tutti gli strumenti musicali che sono a’ piedi di quella Santa, e, quello che importò molto più, fece il suo dipinto così simile a quello di Raffaello, che pare d’una medesima mano. Non molto dopo cavandosi da San Piero in Vincola fra le ruine et anticaglie del palazzo di Tito per trovar figure, furono ritrovate alcune stanze sotterra, ricoperte tutte e piene di grotteschine, di figure piccole e di storie con alcuni ornamenti di stucchi bassi. Per che, andando Giovanni con Raffaello, che fu menato a vederle, restarono l’uno e l’altro stupefatti della freschezza, bellezza e bontà di quell’opere, parendo loro gran cosa ch’elle si fussero sì lungo tempo conservate; ma non era gran fatto non essendo state tocche né vedute dall’aria, la quale col tempo suole consumare, mediante la varietà delle stagioni, ogni cosa. Queste grottesche adunque (che grottesche furono dette dell’essere state entro alle grotte ritrovate) fatte con tanto disegno, con sì varii e bizzarri capricci e con quegli ornamenti di stucchi sottili, tramezzati di varii campi di colori, con quelle storiettine così