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alcuni modelli per detta sepoltura, il Papa conferì il tutto con Michelagnolo Buonarruoti prima che volessi risolversi; onde, avendo detto Michelagnolo a Sua Santità che non s’impacciasse con intagli perché, se bene aricchiscono l’opere, confondono le figure, là dove il lavoro di quadro, quando è fatto bene, è molto più bello che l’intaglio e meglio accompagna le statue, perciò che le figure non amano altri intagli attorno, così ordinò Sua Santità che si facesse. Per che il Vasari non potendo dare che fare al Mosca in quell’opera, fu licenziato e si finì senza intagli la sepoltura che tornò molto meglio che con essi non arebbe fatto. Tornato dunque Simone a Orvieto, fu dato ordine col suo disegno di fare nella crocera a sommo della chiesa due tabernacoli grandi di marmo, e certo con bella grazia e proporzione; in uno de’ quali fece in una nicchia Raffaello Monte Lupo un Cristo ignudo di marmo con la croce in ispalla e nell’altro fece il Moschino un S. Bastiano similmente ignudo. Seguitandosi poi da far per la chiesa gl’Apostoli, il Moschino fece della medesima grandezza S. Piero e S. Paulo, che furono tenute ragionevoli statue. Intanto non si lasciando l’opera della detta cappella della Visitazione, fu condotta tanto inanzi vivendo il Mosca, che non mancava a farvi se non due uccelli, et anco questi non sarebbono mancati, ma Messer Bastiano Gualtieri, vescovo di Viterbo, come s’è detto, tenne occupato Simone in un ornamento di marmo di quattro pezzi, il quale finito mandò in Francia al cardinale di Loreno che l’ebbe carissimo, essendo bello a maraviglia e tutto pieno di fogliami e lavorato con tanta diligenza, che si crede questa essere stata delle migliori che mai facesse Simone; il quale non molto dopo che ebbe fatto questo si morì, l’anno 1554, d’anni 58, con danno non piccolo di quella chiesa d’Orvieto, nella quale fu onorevolmente sotterrato. Dopo, essendo Francesco Moschino dagl’Operai di quel medesimo Duomo eletto in luogo del padre, non se ne curando, lo lasciò a Raffaello Monte Lupo e, andato a Roma, finì a Messer Ruberto Strozzi due molto graziose figure di marmo, cioè il Marte e la Venere che sono nel cortile della sua casa in Banchi. Dopo, fatta una storia di figurine piccole, quasi di tondo rilievo, nella quale è Diana che con le sue ninfe si bagna e converte Atteon in cervio, il quale è mangiato da’ suoi proprii cani, se ne venne a Firenze e la diede al signor duca Cosimo, il quale molto disiderava di servire, onde sua eccellenza avendo accettata e molto commendata l’opera, non mancò al disiderio del Moschino, come non ha mai mancato a chi ha voluto in alcuna cosa virtuosamente operare. Per che, messolo nell’Opera del Duomo di Pisa, ha insino a ora con sua molta lode fatto nella cappella della Nunziata, stata fatta da Stagio da Pietrasanta, con gl’intagli et ogni altra cosa l’Angelo e la Madonna in figure di quattro braccia; nel mezzo Adamo ed Eva che hanno in mezzo il pomo et un Dio Padre grande con certi putti nella volta della detta cappella tutta di marmo, come sono anco le due statue che al Moschino hanno acquistato assai nome et onore. E perché la detta cappella è poco meno che finita, ha dato ordine sua eccellenza che si metta mano alla cappella [che] è dirimpetto a questa, detta dell’Incoronata, cioè subito all’entrare di chiesa a man manca. Il medesimo Moschino, nell’apparato della serenissima reina Giovanna e dell’illustrissimo prencipe di Firenze, si è portato molto bene in quell’opere che gli furono date a fare.

IL FINE DELLA VITA DI SIMONE DETTO IL MOSCA DA SETTIGNANO