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l’arme de’ Medici in quella di casa Farnese, non ostante, come ho detto (così vanno le cose del mondo), che di cotanto magnifica opera e regia fusse stato autore papa Clemente Settimo, del quale non si fece, in quest’ultima parte e più importante, alcuna menzione. Mentre che Simone attendeva a finire questo pozzo, gl’Operai di Santa Maria del Duomo d’Orvieto, disiderando far fine alla cappella di marmo, la quale con ordine di Michele San Michele veronese s’era condotta infino al basamento con alcuni intagli, ricercorno Simone che volesse attendere a quella, avendolo conosciuto veramente eccellente: per che, rimasi d’accordo e piacendo a Simone la conversazione degl’orvietani, vi condusse, per stare più comodamente, la famiglia, e poi si mise con animo quieto e posato a lavorare, essendo in quel luogo da ognuno grandemente onorato. Poi dunque che ebbe dato principio, quasi per saggio, ad alcuni pilastri e fregiature, essendo conosciuta da quegl’uomini l’eccellenza e virtù di Simone, gli fu ordinata una provisione di dugento scudi d’oro l’anno, con la quale continuando di lavorare condusse quell’opera a buon termine. Perché nel mezzo andava, per ripieno di questi ornamenti, una storia di marmo, cioè l’adorazione de’ Magi di mezzo rilievo, vi fu condotto, avendolo proposto Simone suo amicissimo, Raffaello da Monte Lupo scultore fiorentino, che condusse quella storia, come si è detto, infino a mezzo bellissima. L’ornamento dunque di questa cappella sono certi basamenti che mettono in mezzo l’altare di larghezza braccia dua e mezzo l’uno, sopra i quali sono due pilastri per banda alti cinque e questi mettono in mezzo la storia de’ Magi. E nei due pilastri di verso la storia, che se ne veggiono due faccie, sono intagliati alcuni candellieri con fregiature di grottesche, maschere, figurine e fogliami, che sono cosa divina. E da basso nella predella che va ricignendo sopra l’altare fra l’uno e l’altro pilastro, è un mezzo Angioletto che con le mani tiene un’inscrizione con festoni sopra, e fra i capitegli de’ pilastri, dove risalta l’architrave, il fregio e cornicione tanto quanto sono larghi i pilastri. E sopra quelli del mezzo, tanto quanto son larghi, gira un arco che fa ornamento alla storia detta de’ Magi, nella quale, cioè in quel mezzo tondo, sono molti Angeli. Sopra l’arco è una cornice che viene da un pilastro all’altro, cioè da quegl’ultimi di fuori che fanno frontespizio a tutta l’opera, et in questa parte è un Dio Padre di mezzo rilievo; e dalle bande dove gira l’arco sopra i pilastri, sono due Vettorie di mezzo rilievo. Tutta quest’opera adunque è tanto ben composta e fatta con tanta ricchezza d’intaglio, che non si può fornire di vedere le minuzie degli strafori, l’eccellenza di tutte le cose che sono in capitelli, cornici, maschere, festoni e ne’ candellieri tondi, che fanno il fine di quella certo degno di essere come cosa rara amirato. Dimorando adunque Simone Mosca in Orvieto, un suo figliuolo di quindici anni, chiamato Francesco e per sopranome il Moschino, essendo stato dalla natura prodotto quasi con gli scarpelli in mano e di sì bell’ingegno, che qualunque cosa voleva facea con somma grazia, condusse sotto la disciplina del padre in quest’opera, quasi miracolosamente, gl’Angeli che fra i pilastri tengono l’inscrizioni, poi il Dio Padre del frontespizio e finalmente gl’Angeli che sono nel mezzo tondo dell’opera, sopra l’Adorazione de’ Magi fatta da Raffaello, et ultimamente le Vittorie dalle bande del mezzo tondo, nelle quali cose fé stupire e maravigliare ognuno.