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con foglie in varie maniere intagliate, con belle intaccature e con i più bei semi, fiori e vilucchi che si possano vedere, senza gl’uccegli che in fra i festoni e fogliame ha saputo graziosamente in varie guise intagliare. In tanto che si può dire che Simone solo (sia detto con pace degl’altri) abbia saputo cavar del marmo quella durezza che suol dar l’arte spesse volte alle sculture, e ridotte le sue cose con l’oprare dello scarpello a tal termine, ch’elle paiono palpabili e vere; et il medesimo si dice delle cornici et altri somiglianti lavori da lui condotti con bellissima grazia e giudizio. Costui avendo nella sua fanciullezza atteso al disegno con molto frutto e poi fattosi pratico nell’intagliare, fu da maestro Antonio da San Gallo, il quale conobbe l’ingegno e buono spirito di lui, condotto a Roma, dove e’ gli fece fare, per le prime opere, alcuni capitegli e base e qualche fregio di fogliami, per la chiesa di San Giovanni de’ Fiorentini, et alcuni lavori per lo palazzo d’Alessandro, primo cardinal Farnese. Attendendo in tanto Simone, e massimamente i giorni delle feste e quando poteva rubar tempo, a disegnare le cose antiche di quella città, non passò molto che disegnava e faceva piante con più grazia e nettezza che non faceva Antonio stesso; di maniera che, datosi tutto a studiare disegnando i fogliami della maniera antica et a girare gagliardo le foglie et a traforare le cose per condurle a perfezzione, togliendo dalle cose migliori il migliore, e da chi una cosa e da chi un’altra, fece in pochi anni una bella composizione di maniera e tanto universale, che faceva poi bene ogni cosa et insieme e da per sé, come si vede in alcun’armi che dovevano andare nella detta chiesa di San Giovanni in strada Giulia. In una delle quali armi facendo un giglio grande, antica insegna del comune di Firenze, gli fece addosso alcuni girari di foglie con vilucchi e semi così ben fatti, che fece stupefare ognuno. Né passò molto che, guidando Antonio da San Gallo per Messer Agnolo Cesis l’ornamento di marmo d’una cappella e sepoltura di lui e di sua famiglia, che fu murata poi l’anno 1550 nella chiesa di Santa Maria della Pace, fece fare parte d’alcuni pilastri e zoccoli pieni di fregiature che andavano in quell’opera a Simone, il quale gli condusse sì bene e sì begli, che senza ch’io dica quali sono, si fanno conoscere alla grazia e perfezzione loro in fra gl’altri. Né è possibile veder più belli e capricciosi altari da fare sacrifizii all’usanza antica di quelli che costui fece nel basamento di quell’opera. Dopo, il medesimo San Gallo, che facea condurre nel chiostro di San Pietro in Vincola la bocca di quel pozzo, fece fare al Mosca le sponde con alcuni mascheroni bellissimi. Non molto dopo, essendo una state tornato a Firenze et avendo buon nome fra gl’artefici, Baccio Bandinelli che faceva l’Orfeo di marmo, che fu posto nel cortile del palazzo de’ Medici, fatta condurre la basa di quell’opera da Benedetto da Rovezzano, fece condurre a Simone i festoni et altri intagli bellissimi che vi sono, ancor che un festone vi sia imperfetto e solamente gradinato. Avendo poi fatto molte cose di macigno, delle quali non accade far memoria, disegnava tornare a Roma, ma seguendo in quel mentre il Sacco non andò altrimenti, ma preso donna, si stava a Firenze con poche faccende, perché, avendo bisogno d’aiutare la famiglia e non avendo entrate, si andava trattenendo con ogni cosa. Capitando adunque in que’ giorni a Fiorenza Pietro di Subisso, maestro di scarpello aretino, il quale teneva di continuo sotto di sé buon