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di sua eccellenza. Ma quello in che si mostrò costui maraviglioso furono alcuni festoni di frutte, che sono nella fregiatura della trave dalla parte di sotto, i quali sono tanto belli, che non si può veder cosa meglio colorita né più naturale, essendo massimamente tramezzati da certe maschere, che tengono in bocca le legature di essi festoni, delle quali non si possono veder né le più varie né le più bizzarre; nella qual maniera di lavori si può dire che fusse Cristofano superiore a qualunque altro n’ha fatto maggiore e particulare professione. Ciò fatto, dipinse nelle facciate, ma con i cartoni del Vasari, dove è il nascimento di Venere, alcune figure grandi et in un paese molte figurine piccole, che furono molto ben condotte. Similmente nella facciata dove gl’amori, piccioli fanciulletti, fabbricano le saette a Cupido, fece i tre Ciclopi che battono i fulmini per Giove; e sopra sei porte condusse a fresco sei ovati grandi con ornamenti di chiaro scuro, e dentro storie di bronzo che furono bellissimi. E nella medesima sala colorì un Mercurio et un Plutone fra le finestre, che sono parimente bellissimi. Lavorandosi poi a canto a questa sala la camera della dea Opi, fece nel palco in fresco le quattro stagioni, et oltre alle figure alcuni festoni che per la loro varietà e bellezza furono maravigliosi; conciò sia che come erano quelli della Primavera pieni di mille sorti fiori, così quelli della State erano fatti con una infinità di frutti e biade; quelli dell’Autunno erano d’uve e pampani, e quei del Verno di cipolle, rape, radici, carote, pastinache e foglie secche, senza che egli colorì a olio nel quadro di mezzo, dove è il carro d’Opi, quattro leoni che lo tirano, tanto belli, che non si può far meglio, et invero nel fare animali non aveva paragone. Nella camera poi di Cerere, che è a lato a questa, fece in certi angoli alcuni putti e festoni belli affatto, e nel quadro del mezzo, dove il Vasari aveva fatto Cerere cercante Proserpina con una face di pino accesa e sopra un carro tirato da due serpenti, condusse molte cose a fine Cristofano di sua mano, per esser in quel tempo il Vasari amalato et aver lasciato fra l’altre cose quel quadro imperfetto. Finalmente venendosi a fare un terrazzo, che è dopo la camera di Giove et allato a quella di Opi, si ordinò di farvi tutte le cose di Giunone, e così fornito tutto l’ornamento di stucchi con ricchissimi intagli e varii componimenti di figure, fatti secondo i cartoni del Vasari, ordinò esso Vasari che Cristofano conducesse da sé solo in fresco quell’opera, disiderando, per esser cosa che aveva a vedersi da presso e di figure non più grandi che un braccio, che facesse qualche cosa di bello in quello che era sua propria professione. Condusse dunque Cristofano in un ovato della volta uno sposalizio con Iunone in aria e dall’uno de’ lati in un quadro Ebe, dea della gioventù, e nell’altro Iride, la quale mostra in cielo l’arco celeste. Nella medesima volta fece tre altri quadri, due per riscontro et un altro maggiore alla dirittura dell’ovato, dove è lo sposalizio, nel quale è Giunone sopra il carro a sedere tirato dai pavoni. In uno degl’altri due che mettono in mezzo questo è la dea della Potestà e nell’altro l’Abondanza col corno della copia a’ piedi; sotto sono nelle faccie in due quadri, sopra l’entrare di due porte, due altre storie di Giunone: quando converte la figliuola d’Inaco fiume in vacca e Calisto in orsa. Nel fare della quale opera pose sua eccellenza grandissima affezzione a Cristofano veggendolo diligente e sollecito oltre modo a lavorare, perciò che