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mai piegare il Duca, e non andò a vederlo, adirato perché di tanti lavori Baccio non aveva mai finitone alcuno, et egli pure l’aveva fatto ricco e gli aveva con odio de’ cittadini fatto molte grazie et onoratolo molto. Con tutto questo andava sua eccellenza pensando d’aiutare Clemente figliuolo naturale di Baccio e giovane valente, il quale aveva acquistato assai nel disegno, perché e’ dovesse toccare a lui col tempo a finire l’opere del padre. In questo medesimo tempo, che fu l’anno 1554, venne da Roma, dove serviva papa Giulio Terzo, Giorgio Vasari aretino per servire sua eccellenza in molte cose che l’aveva in animo di fare e particularmente innovare di fabbriche et ornare il palazzo di piazza e fare la sala grande, come s’è di poi veduto. Giorgio Vasari di poi l’anno seguente condusse da Roma, et acconciò col Duca, Bartolommeo Ammannati scultore per fare l’altra facciata dirimpetto all’udienza cominciata da Baccio in detta sala et una fonte nel mezzo di detta facciata, e subito fu dato principio a fare una parte delle statue che vi andavano. Conobbe Baccio che ’l Duca non voleva servirsi più di lui, poi che adoperava altri, di che egli avendo grande dispiacere e dolore era diventato sì strano e fastidioso, che né in casa né fuora non poteva alcuno conversare con lui, et a Clemente suo figliuolo usava molte stranezze e lo faceva patire d’ogni cosa. Per questo Clemente avendo fatto di terra una testa grande di sua eccellenza per farla di marmo per la statua dell’udienza, chiese licenza al Duca di partirsi per andare a Roma per le stranezze del padre; il Duca disse che non gli mancherebbe. Baccio nella partita di Clemente, che gli chiese licenza, non gli volle dar nulla, benché egli fusse in Firenze di grande aiuto, che era quel giovane le braccia di Baccio in ogni bisogno, nondimeno non si curò che si gli levasse dinanzi. Arrivato il giovane a Roma contro a tempo, sì per gli studi e sì pe’ disordini, il medesimo anno si morì, lasciando in Firenze di suo quasi finita una testa del duca Cosimo di marmo, la quale Baccio poi pose sopra la porta principale di casa sua nella via de’ Ginori, et è bellissima. Lasciò ancora Clemente molto innanzi un Cristo morto, che è retto da Niccodemo, il quale Niccodemo è Baccio ritratto di naturale: le quali statue, che sono assai buone, Baccio pose nella chiesa de’ Servi, come al suo luogo diremo. Fu di grandissima perdita la morte di Clemente a Baccio et all’arte, et egli lo conobbe poi che fu morto. Scoperse Baccio l’altare di Santa Maria del Fiore e la statua di Dio Padre fu biasimata; l’altare s’è restato con quello che s’è racconto di sopra, né vi si è fatto poi altro, ma s’è atteso a seguitare il coro. Erasi molti anni innanzi cavato a Carrara un gran pezzo di marmo alto braccia dieci e mezzo e largo braccia cinque, del quale avuto Baccio l’avviso, cavalcò a Carrara e dette al padrone di chi egli era scudi cinquanta per arra, e fattone contratto tornò a Firenze, e fu tanto intorno al Duca, che per mezzo della Duchessa ottenne di farne un gigante, il quale dovesse mettersi in piazza sul canto dove era il lione, nel quale luogo si facesse una gran fonte che gittasse acqua, nel mezzo della quale fusse Nettunno sopra il suo carro tirato da cavagli marini e dovesse cavarsi questa figura di questo marmo. Di questa figura fece Baccio più d’uno modello e mostratigli a sua eccellenza, stettesi la cosa senza fare altro fino all’anno 1559, nel quale tempo il padrone del marmo venuto da Carrara, chiedeva d’essere