Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/116

a quanto bisognava per le sepolture. Mentre addunque che erano a tavola, giunse il Solosmeo scultore, persona ardita e piacevole, e che diceva male d’ognuno volentieri et era poco amico di Baccio. Fu fatto l’imbasciata a que’ signori che il Solosmeo chiedeva d’entrare, Ridolfi disse che gli si aprisse e volto a Baccio: "Io voglio", disse, "che noi sentiamo ciò che dice il Solosmeo dell’allogagione di queste sepolture; alza Baccio quella portiera e stavvi sotto". Subito ubbidì Baccio, et arrivato il Solosmeo e fattogli dare da bere, entrorono dipoi nelle sepolture allogate a Baccio, dove il Solosmeo riprendendo i cardinali che male l’avevano allogate, seguitò dicendo ogni male di Baccio, tassandolo d’ignoranza nell’arte e d’avarizia e d’arroganza, et a molti particulari venendo de’ biasimi suoi. Non poté Baccio, che stava nascosto dietro alla portiera, sofferir tanto che ’l Solosmeo finisse, et uscito fuori in còllora e con mal viso, disse al Solosmeo: "Che t’ho io fatto, che tu parli di me con sì poco rispetto?". Ammutolì all’apparire di Baccio il Solosmeo e volto a Ridolfi disse: "Che baie son queste, monsignore? Io non voglio più pratica di preti", et andossi con Dio. Ma i cardinali ebbero da ridere assai dell’uno e dell’altro, dove Salviati disse a Baccio: "Tu senti il giudicio degli uomini dell’arte; fa tu con l’operar tuo sì che tu gli faccia dire le bugie". Cominciò poi Baccio l’opera delle statue e delle storie, ma già non riuscirono i fatti secondo le promesse e l’obbligo suo con que’ papi, perché nelle figure e nelle storie usò poca diligenza e mal finite le lasciò e con molti difetti, sollecitando più il riscuotere l’argento che il lavorare il marmo. Ma poiché que’ signori s’avveddono del procedere di Baccio, pentendosi di quel che avevano fatto, essendo rimasti due pezzi di marmi maggiori delle due statue che mancavano a farsi, una di Leone a sedere e l’altra di Clemente, pregandolo che si portasse meglio, ordinorono che le finisse; ma avendo Baccio levata già tutta la somma de’ danari, fece pratica con Messer Giovambattista da Ricasoli, vescovo di Cortona, il quale era in Roma per negozii del duca Cosimo, di partirsi di Roma per andare a Firenze a servire il duca Cosimo nelle fonte di Castello sua villa, e nella sepoltura del signor Giovanni suo padre. Il duca avendo risposto che Baccio venisse, egli se n’andò a Firenze lasciando senza dir altro l’opera delle sepolture imperfetta e le statue in mano di due garzoni. I cardinali vedendo questo feciono allogagione di quelle due statue de’ papi che erano rimaste a due scultori: l’uno fu Raffaello da Montelupo, che ebbe la statua di papa Leone, l’altro Giovanni di Baccio, al quale fu data la statua di Clemente. Dato di poi ordine che si murasse il lavoro di quadro e tutto quel che era fatto, si messe su l’opera, dove le statue e le storie non erano in molti luoghi né impomiciate né pulite, sì che dettono a Baccio più carico che nome. Arrivato Baccio a Firenze, e trovato che ’l Duca aveva mandato il Tribolo scultore a Carrara per cavar marmi per le fonti di Castello e per la sepoltura del signor Giovanni, fece tanto Baccio col Duca, che levò la sepoltura del signor Giovanni delle mani del Tribolo, mostrando a sua eccellenza che i marmi per tale opera erano gran parte in Firenze; così a poco a poco si fece famigliare di sua eccellenza, sì che per questo e per la sua alterigia ognuno di lui temeva. Messe di poi innanzi al Duca che la sepoltura del signor Giovanni si facesse