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papa Clemente. Questo dono doppiamente gli fu caro e per l’utile et entrata e perché era allato alla sua villa di Pinzerimonte, e perché era prima di Rignadori allora fatto ribello e suo mortale nimico, col quale aveva sempre conteso per conto de’ confini di questo podere. In questo tempo fu scritto al duca Alessandro dal principe Doria che operasse con Baccio che la sua statua si finisse, ora che il gigante era del tutto finito, e che era per vendicarsi con Baccio se egli non faceva il suo dovere. Di che egli impaurito non si fidava d’andare a Carrara, ma pur dal cardinal Cibo e dal duca Alessandro assicurato v’andò, e lavorando con alcuni aiuti tirava innanzi la statua. Teneva conto giornalmente il principe di quanto Baccio faceva; onde, essendogli riferito che la statua non era di quella eccellenza che gli era stato promesso, fece intendere il principe a Baccio che se egli non lo serviva bene che si vendicherebbe seco. Baccio sentendo questo, disse molto male del principe, il che tornatogli all’orecchie, era risoluto d’averlo nelle mani per ogni modo e di vendicarsi col fargli gran paura della galea. Per la qual cosa vedendo Baccio alcuni spiamenti di certi che l’osservavano, entrato di ciò in sospetto, come persona accorta e risoluta, lasciò il lavoro così come era e tornossene a Firenze. Nacque circa questo tempo a Baccio d’una donna, la quale egli tenne in casa, un figliuolo, al quale, essendo morto in que’ medesimi giorni papa Clemente, pose nome Clemente per memoria di quel pontefice che sempre l’aveva amato e favorito. Dopo la morte del quale intese che Ippolito cardinale de’ Medici, et Innocenzio cardinale Cibo, e Giovanni cardinale Salviati, e Niccolò cardinale Ridolfi, insieme con Messer Baldassarre Turini da Pescia, erano essecutori del testamento di papa Clemente e dovevano allogare le due sepolture di marmo di Leone e di Clemente da porsi nella Minerva, delle quali egli aveva già per addietro fatto i modelli. Queste sepolture erano state nuovamente promesse ad Alfonso Lombardi scultore ferrarese, per favore del cardinale de’ Medici, del quale egli era servitore. Costui per consiglio di Michelagnolo avendo mutato invenzione, di già ne aveva fatto i modelli, ma senza contratto alcuno dell’allogagione e solo alla fede standosi, aspettava d’andare di giorno in giorno a Carrara per cavare i marmi. Così consumando il tempo, avvenne che il cardinale Ippolito nell’andare a trovare Carlo V, per viaggio morì di veleno. Baccio inteso questo, e senza metter tempo in mezzo andato a Roma, fu prima da madonna Lucrezia Salviata de’ Medici, sorella di papa Leone, alla quale si sforzò di mostrare che nessuno poteva fare maggiore onore all’ossa di que’ gran pontefici che la virtù sua, et aggiunse che Alfonso scultore era senza disegno e senza pratica e giudicio ne’ marmi, e che egli non poteva se non con l’aiuto d’altri condurre sì onorata impresa. Fece ancora molte altre pratiche e per diversi mezzi e vie operò tanto, che gli venne fatto di rivolgere l’animo di que’ signori, i quali finalmente dettono il carico al cardinale Salviati di convenire con Baccio. Era in questo tempo arrivato a Napoli Carlo V imperadore et in Roma Filippo Strozzi, Antonfrancesco degli Albizi e gli altri fuorusciti trattavano col cardinale Salviati d’andare a trovare sua maestà contro al duca Alessandro, et erano col cardinale a tutte l’ore nelle sale e nelle camere del quale stava Baccio tutto il giorno aspettando di fare il contratto delle sepolture, né poteva venire a capo per gl’impedimenti del cardinale nella spedizione de’ fuorusciti. Costoro vedendo Baccio tutto il giorno e