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piaciuto il modello di Baccio, al quale s’aggiugnevano le promesse et i vanti, vantandosi lui di passare il Davitte di Michelagnolo et essendo ancora aiutato dal Boninsegni, il quale diceva che Michelagnolo voleva ogni cosa per sé. Così fu priva la città d’un ornamento raro, quale indubitatamente sarebbe stato quel marmo informato dalla mano del Buonarroto. Il sopra detto modello di Baccio si truova oggi nella guardaroba del duca Cosimo et è da lui tenuto carissimo e dagli artefici cosa rara. Fu mandato Baccio a Carrara a veder questo marmo et a’ capomaestri dell’Opera di Santa Maria del Fiore si dette commessione che lo conducessino per acqua insino a Signa su per lo fiume d’Arno. Quivi condotto il marmo vicino a Firenze a otto miglia, nel cominciare a cavarlo del fiume per condurlo per terra, essendo il fiume basso da Signa a Firenze, cadde il marmo nel fiume, e tanto per la sua grandezza s’affondò nella rena, che i capomaestri non potettero per ingegni che usassero trarnelo fuora; per la qual cosa, volendo il Papa che ’l marmo si riavesse in ogni modo, per ordine dell’Opera, Piero Rosselli murator vecchio et ingegnoso s’adoperò di maniera, che rivolto il corso dell’acqua per altra via e sgrottata la ripa del fiume, con lieve et argani smosso lo trasse d’Arno e lo pose in terra, e di ciò fu grandemente lodato. Da questo caso del marmo, invitati alcuni, feciono versi toscani e latini ingegnosamente mordendo Baccio, il quale per esser loquacissimo e dir male degli altri artefici e di Michelagnolo, era odiato. Uno tra gli altri prese questo suggetto ne’ suoi versi, dicendo che ’l marmo, poi che era stato provato dalla virtù di Michelagnolo, conoscendo d’avere a essere storpiato dalle mani di Baccio, disperato per sì cattiva sorte, s’era gittato in fiume. Mentre che ’l marmo si traeva dell’acqua e per la difficultà tardava l’effetto, Baccio misurando trovò che né per altezza, né per grossezza non si poteva cavarne le figure del primo modello, laonde, andato a Roma e portato seco le misure, fece capace il Papa, come era costretto dalla necessità a lasciare il primo e fare altro disegno. Fatti addunque più modelli, uno più degli altri ne piacque al Papa, dove Ercole aveva Cacco fra le gambe e presolo pe’ capelli lo teneva sotto a guisa di prigione. Questo si risolverono che si mettesse in opera e si facesse. Tornato Baccio a Firenze, trovò che Piero Rosselli aveva condotto il marmo nell’Opera di Santa Maria del Fiore, il quale avendo posto in terra prima alcuni banconi di noce per lunghezza e spianati in isquadra, i quali andava tramutando secondo che camminava il marmo, sotto il quale poneva alcuni curri tondi e ben ferrati sopra detti banconi, e tirando il marmo con tre argani, a’ quali l’aveva attaccato, a poco a poco lo condusse facilmente nell’Opera. Quivi rizzato il sasso, cominciò Baccio un modello di terra grande quanto il marmo, formato secondo l’ultimo fatto dinanzi in Roma da lui, e con molta diligenza lo finì in pochi mesi, ma con tutto questo non parve a molti artefici che in questo modello fusse quella fierezza e vivacità che ricercava il fatto, né quella che egl’aveva data a quel suo primo modello. Cominciando di poi a lavorare il marmo, lo scemò Baccio intorno intorno fino al bellico, scoprendo le membra dinanzi, considerando lui tuttavia di cavarne le figure che fussino appunto come quelle del modello grande di terra. In questo medesimo tempo aveva preso a fare di pittura una tavola assai grande per la chiesa di Cestello e n’aveva fatto un cartone molto bello, dentrovi Cristo morto e le Marie intorno e Niccodemo con altre figure, ma la tavola non dipinse per la cagione che di sotto diremo.