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suo primo maestro, dipigneva un’istoria d’una conversione di San Pagolo. Per la qual cosa prese a fare a concorrenza del suo maestro, in un cartone, una figura ignuda d’un San Giovanni giovane nel diserto, il quale tiene un agnello nel braccio sinistro et il destro alza al cielo. Fatto di poi fare un quadro, si messe a colorirlo e finito che fu, lo pose a mostra su la bottega di Michelagnolo suo padre, dirimpetto allo sdrucciolo che viene da Orsanmichele in Mercato Nuovo. Fu dagli artefici lodato il disegno, ma il colorito non molto, per avere del crudo e non con bella maniera dipinto, ma Baccio lo mandò a donare a papa Clemente, et egli lo fece porre in guardaroba, dove ancora oggi si trova. Era fino al tempo di Leone X stato cavato a Carrara, insieme co’ marmi della facciata di S. Lorenzo di Firenze, un altro pezzo di marmo alto braccia nove e mezzo e largo cinque braccia da piè. In questo marmo Michelagnolo Buonarroti aveva fatto pensiero di far un gigante in persona d’Ercole che uccidesse Cacco per metterlo in piazza a canto al Davitte gigante, fatto già prima da lui, per essere l’uno e l’altro Davitte et Ercole insegna del palazzo, e fattone più disegni e variati modelli, aveva cerco d’avere il favore di papa Leone e del cardinale Giulio de’ Medici, perciò che diceva che quel Davitte aveva molti difetti causati da maestro Andrea scultore che l’aveva prima abbozzato e guasto. Ma per la morte di Leone rimase allora indietro la facciata di S. Lorenzo e questo marmo; ma di poi a papa Clemente essendo venuta nuova voglia di servirsi di Michelagnolo per le sepolture degli eroi di casa Medici, le quali voleva che si facessino nella sagrestia di San Lorenzo, bisognò di nuovo cavare altri marmi. Delle spese di queste opere teneva i conti e ne era capo Domenico Boninsegni; costui tentò Michelagnolo a far compagnia seco segretamente sopra del lavoro di quadro della facciata di San Lorenzo. Ma ricusando Michelagnolo e non piacendogli che la virtù sua s’adoperasse in defraudando il Papa, Domenico gli pose tanto odio, che sempre andava opponendosi alle cose sue per abbassarlo e noiarlo, ma ciò copertamente faceva. Operò addunque che la facciata si dimettesse e si tirasse innanzi la sagrestia, le quali diceva che erano due opere da tenere occupato Michelagnolo molti anni. Et il marmo da fare il gigante persuase il Papa che si desse a Baccio, il quale allora non aveva che fare, dicendo che Sua Santità per questa concorrenza di due sì grandi uomini sarebbe meglio e con più diligenza e prestezza servita, stimolando l’emulazione l’uno e l’altro all’opera sua. Piacque il consiglio di Domenico al Papa, e secondo quello si fece. Baccio, ottenuto il marmo, fece un modello grande di cera che era Ercole, il quale avendo rinchiuso il capo di Cacco con un ginocchio tra due assi, col braccio sinistro lo strigneva con molta forza, tenendoselo sotto fra le gambe rannicchiato in attitudine travagliata, dove mostrava Cacco il patire suo e la violenza e ’l pondo d’Ercole sopra di sé, che gli faceva scoppiare ogni minimo muscolo per tutta la persona. Parimente Ercole con la testa chinata verso il nimico appresso e digrignando e strignendo i denti, alzava il braccio destro e con molta fierezza rompendogli la testa gli dava col bastone l’altro colpo. Inteso che ebbe Michelagnolo che ’l marmo era dato a Baccio, ne sentì grandissimo dispiacere, e per opera che facesse intorno a ciò, non potette mai volgere il Papa in contrario, sì fattamente gli era