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in su l’ossa i muscoli astenuati e gran parte de’ nervi e la pelle grinza e secca, e fu con tanta diligenza fatta da lui questa opera, che tutti gli artefici feciono giudicio e Lionardo da Vinci particularmente, che e’ non si vedde mai in questo genere cosa migliore né con più arte condotta. Questa opera portò Baccio a Giovanni cardinale de’ Medici et al Magnifico Giuliano suo fratello, e per mezzo di lei si fece loro conoscere per figliuolo di Michelagnolo orafo e quegli oltre alle lodi dell’opera gli feciono molti altri favori, e ciò fu l’anno 1512, quando erano ritornati in casa e nello stato. Nel medesimo tempo si lavoravano nell’Opera di Santa Maria del Fiore alcuni Apostoli di marmo per mettergli ne’ tabernacoli di marmo in quelli stessi luoghi dove sono in detta chiesa dipinti da Lorenzo di Bicci pittore. Per mezzo del Magnifico Giuliano fu allogato a Baccio San Piero alto braccia quattro e mezzo, il quale dopo molto tempo condusse a fine e benché non con tutta la perfezzione della scultura, nondimeno si vede in lui buon disegno. Questo Apostolo stette nell’Opera dall’anno 1513 insino al 1565, nel quale anno il duca Cosimo, per le nozze della reina Giovanna d’Austria sua nuora, volle che S. Maria del Fiore fusse imbiancata di dentro, la quale dalla sua edificazione non era stata di poi tocca, e che si ponessino quattro Apostoli ne’ luoghi loro, tra’ quali fu il sopra detto S. Piero. Ma l’anno 1515 nell’andare a Bologna passando per Firenze papa Leone X, la città per onorarlo, tra gli altri molti ornamenti et apparati, fece fare sotto un arco della loggia di piazza vicino al palazzo un colosso di braccia nove e mezzo e lo dette a Baccio. Era il colosso un Ercole il quale per le parole anticipate di Baccio s’aspettava che superassi il Davitte del Buonarroto quivi vicino, ma non corrispondendo al dire il fare, né l’opera al vanto, scemò assai Baccio nel concetto degli artefici e di tutta la città, il quale prima s’aveva di lui. Avendo allora papa Leone l’opera dell’ornamento di marmo che fascia la camera di Nostra Donna a Loreto e parimente statue e storie a maestro Andrea Contucci dal Monte Sansovino, il quale avendo già condotte molto lodatamente alcune opere et essendo intorno all’altre, Baccio in questo tempo portò a Roma al Papa un modello bellissimo d’un Davitte ignudo, che tenendosi sotto Golia gigante gli tagliava la testa, con animo di farlo di bronzo o di marmo per lo cortile di casa Medici in Firenze, in quel luogo appunto dove era prima il Davitte di Donato, che poi fu portato nello spogliare il palazzo de’ Medici nel palazzo allora de’ signori. Il Papa, lodato Baccio, non parendogli tempo di fare allora il Davitte, lo mandò a Loreto da maestro Andrea, che gli desse a fare una di quelle istorie. Arrivato a Loreto, fu veduto volentieri da maestro Andrea e carezzato, sì per la fama sua e per averlo il Papa raccomandato, e gli fu consegnato un marmo perché ne cavasse la Natività di Nostra Donna. Baccio fatto il modello dette principio all’opera, ma come persona che non sapeva comportare compagnia e parità e poco lodava le cose d’altri, cominciò a biasimare con gli altri scultori che v’erano l’opere di maestro Andrea e dire che non aveva disegno et il simigliante diceva degli altri, intanto che in breve tempo si fece mal volere a tutti. Per la qual cosa venuto agli orecchi di maestro Andrea tutto quel che detto aveva Baccio di lui, egli come savio lo riprese amorevolmente dicendo che l’opere si fanno con le mani, non con la lingua, e che ’l buon disegno non sta nelle carte, ma nella perfezzione dell’opera finita nel sasso e, nel fine, ch’e’ dovesse parlare di lui per l’avvenire con altro rispetto. Ma Baccio rispondendogli superbamente