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de’ colori e mesticargli insieme per farne la varietà delle tinte co’ lumi e con l’ombre non gli fusse stato insegnato da altri, ma che da sé l’avesse trovato, andò pensando come potesse fare, e trovò questo modo: ricercò Andrea del Sarto suo amicissimo che gli facesse in un quadro di pittura a olio il suo ritratto, avvisando di dovere di ciò conseguire duoi acconci al suo proposito: l’uno era il vedere il modo di mescolare i colori, l’altro il quadro e la pittura, la quale gli resterebbe in mano et avendola veduta lavorare gli potrebbe intendendola giovare e servire per essempio. Ma Andrea accortosi, nel domandare che faceva Baccio, della sua intenzione e sdegnandosi di cotal diffidanza et astuzia perché era pronto a mostrargli il suo desiderio, se come amico ne l’avesse ricerco, perciò senza far sembiante d’averlo scoperto, lasciando stare il far mestiche e tinte, messe d’ogni sorte colore sopra la tavolella et azzuffandoli insieme col pennello, ora da questo et ora da quello togliendo con molta prestezza di mano, così contrafaceva il vivo colore della carne di Baccio, il quale sì per l’arte che Andrea usò e perché gli conveniva sedere e star fermo, se voleva esser dipinto, non potette mai vedere né apprendere cosa che egli volesse. E venne ben fatto ad Andrea di castigare insieme la diffidenza dell’amico e dimostrare, con quel modo di dipignere da maestro pratico, assai maggiore virtù et esperienza dell’arte. Né per tutto questo si tolse Baccio dall’impresa nella quale fu aiutato dal Rosso pittore, il quale più liberamente poi domandò di ciò ch’egli disiderava. Addunque apparato il modo del colorire, fece in un quadro a olio i Santi Padri cavati del Limbo dal Salvatore, et in un altro quadro maggiore Noè, quando inebbriato dal vino scuopre in presenza de’ figliuoli le vergogne. Provossi a dipignere in muro nella calcina fresca e dipinse nelle facce di casa sua teste, braccia, gambe e torsi in diverse maniere coloriti, ma vedendo che ciò gli arrecava più difficultà che non s’era permesso nel seccare della calcina, ritornò allo studio di prima a far di rilievo. Fece di marmo una figura alta tre braccia d’un Mercurio giovane con un flauto in mano, nella quale molto studio messe e fu lodata e tenuta cosa rara, la quale fu poi l’anno 1530 comperata da Giovanbatista Della Palla e mandata in Francia al re Francesco, il quale ne fece grande stima. Dettesi con grande e sollecito studio a vedere et a fare minutamente anatomie, e così perseverò molti mesi et anni, e certamente in questo uomo si può grandemente lodare il desiderio d’onore e dell’eccellenza dell’arte e di bene operare in quella; dal quale desiderio spronato e da un’ardentissima voglia, la quale più tosto che attitudine e destrezza nell’arte aveva ricevuto dalla natura insino da’ suoi primi anni, Baccio a niuna fatica perdonava, niuno spazio di tempo intrametteva, sempre era intento o all’apparar di fare o al fare, sempre occupato, non mai ozioso si trovava, pensando col continovo operare di trapassar qualunque altro avesse nell’arte sua già mai adoperato, e questo fine premettendosi a se medesimo di sì sollecito studio e di sì lunga fatica. Continovando addunque l’amore e lo studio, non solamente mandò fuora gran numero di carte disegnate in varii modi di sua mano, ma per tentare se ciò gli riusciva s’adoperò ancora che Agostino Viniziano, intagliatore di stampe, gl’intagliasse una Cleopatra ignuda et un’altra carta maggiore piena d’anatomie diverse, la quale gli acquistò molta lode. Messesi di poi a far di rilievo tutto tondo di cera una figura d’un braccio e mezzo di S. Girolamo in penitenza secchissimo, il quale mostrava