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88 | capitolo vii. |
lo studente con grande entusiasmo, che noi riusciremo a sollevare il velo misterioso che copre quel dannato Polo nord.
— Si vedrà. —
Intanto l’automobile continuava a correre in mezzo alla neve che copriva le vie, mantenendo una velocità moderatissima di non più di trenta miglia all’ora, per non imprimere troppe scosse alla vettura di rimorchio.
Nevicava sempre a grandi fiocchi che il ventaccio faceva volteggiare in tutte le direzioni, ma nessuno se ne inquietava, poichè la capote di cuoio riparava magnificamente tanto lo chaffeur, quanto i suoi due compagni.
Alle dodici e mezza il treno, quasi da nessuno notato, volgeva le spalle ai vecchi bastioni di Montreal e correva attraverso alla bianca campagna per raggiungere l’Ottawa, nel suo corso superiore.
Quantunque la neve fosse già alta più d’un metro, la macchina funzionava magnificamente, aprendosi, senza fatica, un largo solco entro cui s’incanalavano le ruote, turbinando e sobbalzando.
Il canadese e lo studente, stanchissimi pei lavori compiti durante la giornata, a poco a poco avevano chiusi gli occhi, invitati al sonno dal sonoro russare della macchina, e godendosi il dolce tiepore che sfuggiva dai due tubi, volti uno verso la ridotta del guidatore e l’altro verso l’interno della vettura, ed ottenuto coi semplici residui dello scappamento.
Dik Mac Leod, rannicchiato dietro lo scudo protettore, colle mani coperte da grossi guanti di pelle di foca, aggrappato al volante, spalancava invece sempre più gli occhi. Temeva di incontrare qualche improvviso ostacolo, non essendo le strade canadesi così ben tenute, nè così sicure come quelle europee, quantunque le due grosse lampade a carburo, fissate