Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
84 | capitolo vii. |
chaffeur. — Bisogna conoscerle quelle regioni per farsi un’idea delle difficoltà che si possono incontrare.
— Esitate?
— Ah no!... Non voglio perdere un’altra fortuna.
— Accettate?
— Sì, mio gentleman.
— Quando parte il signor di Montcalm? — chiese il maestro di boxe.
— Domani a mezzanotte. Vuole andarsene senza fracasso e senza hurrah.
— Allora domani mattina, alle nove, vi aspetto qui coi diecimila dollari che andremo a depositare insieme, a nome vostro, alla banca che mi indicherete.
— Patto concluso: qua la mano, gentleman. —
Una stretta formidabile, una vera stretta all’americana, che fece fare al briccone una brutta smorfia, chiuse il dialogo.
Dik Mac Leod si alzò, un po’ traballando sulle gambe piuttosto malferme e se ne andò colle mani sprofondate nelle ampie tasche, borbottando:
— Ecco una bella giornata!... Lo sapevo io che cambiando mestiere avrei finito per fare una bella fortuna. Le foche, le morse e le balene che da tre anni lascio in pace, devono aver pregato per me.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .La mezzanotte suonava all’orologio del palazzo del governo, tosto ripetuta su diversi toni da tutti gli orologi dei campanili delle chiese cristiane e protestanti di Montreal, quando il cancello del giardino in mezzo a cui s’alzava il garage di Montcalm s’aprì per lasciar passare il treno destinato a conquistare il Polo artico.
Nevicava fortemente ed un vento freddissimo, che giun-