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CAPITOLO VI.


L’equipaggio dell’automobile.


Tre giorni dopo l’annuncio pubblicato sui giornali — annuncio che aveva prodotta una immensa curiosità fra tutti gli abitanti delle principali città canadesi — un giovanotto di ventidue o ventitrè anni, biondo, roseo, con due baffetti appena nascenti, ben piantato, e che indossava un costume da ciclista che lasciava vedere la salda muscolatura di un buon paio di gambe, quantunque fossero piuttosto lunghe, si presentava alla porta della palazzina di Gastone di Montcalm, chiedendo di parlare al proprietario.

Quel giovanotto era lo stesso che aveva assistito alla partita di boxe nella pista di Kingston e che per avere delle informazioni sui due rivali, si era permesso il lusso di cambiare la sua ultima sterlina per offrire al cicerone americano un coktail.

Il portinaio, un vecchio canadese di forme erculee, un discendente certamente del vecchio paese, come chiamano laggiù la Francia sempre rimpianta, malgrado la sconfinata libertà ed i grandi privilegi accordati a quei coloni dall’Inghilterra, dopo averlo attentamente squadrato, lo introdusse in un piccolo studio, semplicemente ammobiliato, dove il signor di Montcalm stava in quel momento esaminando con grande attenzione parecchi disegni.

— Chi siete e che cosa volete? — gli chiese senza pream-