Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
una sfida grandiosa | 55 |
— L’amate proprio alla follia quella indiavolata americana? —
Il canadese lo guardò per qualche istante, poi disse:
— Non so.
— Non ci sarebbe, invece d’una vera passione, un po’ di puntiglio?
— Può darsi.
— Io, se fossi nei vostri panni, me ne andrei a fare un viaggio nel nostro vecchio paese, nella nostra mai dimenticata Francia e abbandonerei gli occhi azzurri ed i capelli biondi a quell’ippopotamo di yankee.
A Parigi troverei facilmente altre donne che mi consolerebbero e che me la farebbero dimenticare ben presto.
— È troppo tardi, — rispose il signor di Montcalm. — Tutti gli sportmen degli Stati dell’Unione e del Canadà tengono gli occhi fissi su di noi, e se io abbandonassi la partita, proprio ora, non ci farei una bella figura, mio caro maestro. Si potrebbe dire che io mi sono ritirato per tema di prendermi un’altra coltellata o di ritentare qualche altra prova.
No, mai!...
— Eppure quell’americana, come moglie, mi farebbe paura. Quella non è una donna, è una diavolessa. —
Il signor di Montcalm stava per dare qualche risposta, quando si udirono delle porte ad aprirsi e poi si vide entrare mister Patterson seguito da un omiciattolo rotondo come una palla, con due gigantesche basette che gli scendevano fino alle spalle e gli occhi nascosti da un paio d’occhiali montati in oro.
— Ecco il dottore, — disse il maestro americano. — Come va mister Torpon?
— Non è ancora tornato in sè, rispose Hill.
— Occupatevi prima del vostro allievo, — disse il signor di