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54 | capitolo v. |
— Signor di Montcalm, — disse poi, bisogna proprio credere che esista un destino.
— Perchè dite questo, mister Hill?
— Perchè non può essere stato che il destino, quel destino che vi perseguita con un accanimento incomprensibile in tutte le vostre lotte, a guidare le vostre mani ed i vostri coltelli in modo da ferirvi reciprocamente nello stesso punto e probabilmente nelle medesime condizioni di gravità.
— Che cosa dite?
— Che vi siete accoltellati reciprocamente, senza uccidervi.
— Infame destino!...
— Non infuriatevi, signor di Montcalm, — disse il boxer.
— Non dimenticate che siete ferito e che non so dove la punta del coltello del vostro rivale sia giunta.
— Sono ancora vivo.
— Lo vedo, corpo di centomila bombe!... Diavolo!... Ci vorrebbe altro che i miei allievi morissero così presto!
— Dov’è Torpon? — chiese il canadese, coi denti stretti.
— Nella stanza vicina e non è ancora tornato in sè. —
Il signor di Montcalm si passò per la seconda volta una mano sulla fronte, senza fare smorfie questa volta, poi disse con voce un po’ rauca:
— Avesse almeno ucciso me!...
— Ah no, signor mio!... C’è sempre tempo a morire.
— Eppure bisogna finirla e romperla con questo perverso destino che ci perseguita con tanto accanimento.
— Udiamo, signor di Montcalm.... ma ditemi prima se soffrite a parlare.
— Niente affatto. Mi pare di non essere nemmeno ferito, se non mi agito.
— Possedete una fibra meravigliosa.
— Dite dunque mister Hall.