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CAPITOLO V.


Una sfida grandiosa.


Il canadese, forse più robusto dell’americano, o forse ferito meno profondamente, dopo quel sospiro, aveva alzate le braccia, quindi, a poco a poco, aveva aperti gli occhi fissandoli sul suo maestro di boxe, con un misto di stupore e di ansietà.

Il pallore, che poco prima copriva il suo viso, svaniva rapidamente e le sue gote si imporporavano lievemente.

— Non muovetevi, signor di Montcalm, — gli disse Hill. — Finchè non giunge il medico voi dovete rimanere assolutamente immobile, poichè quantunque io me ne intenda un po’ di ferite, non ho studiato come quei signori che escono dall’università.

— Ma che cosa è successo, mister Hill? — chiese il ferito, con voce abbastanza robusta.

— Per centomila caimani!... — esclamò il boxer, un po’ spaventato. Non vi ricordate più dunque del duello all’americana che avete sostenuto con mister Torpon? Avete perduta la memoria, mio caro allievo? —

Il canadese sgranò gli occhi, poi si battè la fronte, mossa che gli fece fare una smorfia, strappatagli dal dolore, poi chiese con voce alterata:

— L’ho ucciso? —

Il maestro di boxe indugiò un momento prima di rispondere.