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50 | capitolo iv. |
Quasi nel centro della sala, a tre passi l’uno dall’altro, giacevano i due rivali, ciascuno con un coltello piantato nel petto.
I partners, in preda ad una emozione facile a comprendersi, si erano gettati verso i disgraziati e subito un grido di stupore era sfuggito dalle loro labbra.
Caso assolutamente straordinario, quasi incredibile! I due rivali si erano colpiti nel medesimo punto, sotto la terza costola di destra e le lame non erano penetrate che per pochi centimetri, pur rimanendo infisse.
Il dolore provato e sopratutto l’emozione, avevano atterrati quei due giganti e li avevano fatti svenire.
— Che cosa dite voi, mister Patterson? — chiese il maestro di boxe canadese.
— Che il destino non vuole che nessuno di questi uomini sposi miss Perkins, — rispose il boxer americano.
— Comincio a crederlo anch’io.
— Presto, leviamo i bowie-knife e portiamo i feriti a letto.
Agite con precauzione, senza strappi, mister Hall.
— Oh, me ne intendo io di ferite, — rispose il boxer canadese.
— Si sono colpiti gravemente?
— Non mi sembra. Per atterrare questi uomini ci vogliono ben altre ferite!
— Non perdiamo tempo: a voi il signor di Montcalm, a me mister Torpon. —
I due maestri strapparono i loro fazzoletti per preparare alla meglio un primo bendaggio, poi s’inginocchiarono presso i feriti, sbottonando rapidamente le giacche ed i panciotti e strappando le camicie e le maglie, poi trassero delicatamente le armi.