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i due colpi di coltello 47

Una brigatella di persone allegre passava dinanzi all’albergo cantando l’yankee-dodle.

Quando quelle voci si perdettero in lontananza, lo stropiccìo che aveva allarmato il signor di Montcalm era cessato. Il silenzio era nuovamente piombato nella sala.

— Me l’hanno fatto perdere, — mormorò il canadese, mordendosi con rabbia le labbra. — Quegli ubbriaconi potevano passare di qui un po’ più tardi.

Dove sarà ora quel dannato yankee? Dove sorprenderlo? Che si sia fermato e che al pari di me tenti di raccogliere il rumore dei miei piedi? Ah no, può aspettarmi, perchè non mi muoverò così presto.

Il sole è ben lontano ed in dieci ore possono scannarsi anche diecimila uomini.... —

Si era bruscamente interrotto ed aveva fatto un mezzo giro su sè stesso, tornando a dilatare le pupille, poi si era lentamente abbassato stendendosi del tutto al suolo ed accostando un orecchio sul tappeto.

Aveva udito un altro fruscìo, ma che pareva provenisse dall’opposta direzione. L’americano, approfittando di quello schiamazzo, aveva fatto il giro della sala portandosi dall’altra parte?

Il canadese ascoltava sempre, premendo l’orecchio contro il tappeto.

Il suo udito raccoglieva, di quando in quando, dei crepitii appena percettibili. Dei piedi premevano, con precauzione, il pesante tessuto, diventando sempre più distinti.

Dunque il yankee si avvicinava, avanzandosi forse anche lui verso il centro della sala? Probabilmente, attratto da quella nota mandata dal pianoforte, aveva raggiunto l’istrumento e non avendo trovato l’avversario, doveva avere seguite le pareti per poi lasciarle.