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26 | capitolo iii. |
L’automobile, che russava minacciosamente, spiccò quasi un salto e si arrestò sul ponte della barcaccia.
— Passa!... — gridò il signor di Montcalm, mentre due barcaiuoli gettavano dinanzi alle ruote anteriori della macchina una grossa trave, pel timore che riprendesse la corsa e che precipitasse nel fiume che in quel posto era molto rapido e probabilmente molto profondo.
Miss Ellen si era voltata verso il canadese, sorridendogli graziosamente.
— Comandate come un capitano d’un transatlantico, — gli disse. — Spero però che non ci farete naufragare.
— Per oggi no di certo, — rispose il signor di Montcalm, con una sottile punta d’ironia.
— E contate di venire con noi ad Albany?
— No, signora. La mia casa non si trova sul territorio americano, lo sapete bene.
— Volete tornare ad Ottawa?
— Certo, miss. Vi accompagnerò fino ad Oswego, poi attraverserò l’Ontario su qualcuno dei tanti piroscafi che salpano quasi ad ogni ora.
— Mi pare che sarebbe pericoloso per voi tornare ora sul territorio canadese. Non dovreste dimenticare che siete voi una delle cause principali della rivolta contro la polizia.
— O sono stati invece i vostri begli occhi, miss?
— Ah!... Non nego che possano averci avuto una certa parte, ma non si arrestano due occhi, siano essi neri od azzurri.
— Ben detto, miss, — disse mister Torpon, ridendo.
— Dunque, signor di Montcalm volete proprio lasciarci?
— Pel momento sì, miss. Non abbiamo più nulla da fare per ora, è vero, mister Torpon?
— Non so, — rispose l’americano, facendo un gesto vago.